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Questa mattina, alla Casa del cinema di Roma, si è tenuta la conferenza stampa di presentazione di La guerra è finita, serie tv che debutterà in prima visione su Rai 1 da lunedì 13 gennaio ore 21.25. .
La Guerra è finita vanta nel cast grandi interpreti, tra i quali Michele Riondino ed Isabella Ragonese, e la regia di Michele Soavi. La serie narra le vicende di alcuni sopravvissuti ai campi di sterminio ed il loro ritorno a casa poco dopo la Liberazione. In quattro serate li vedremo riscoprire il rispetto reciproco, la solidarietà, la voglia di giocare, studiare, lavorare, amare e raccontare la loro perduta umanità.
La guerra è finita, conferenza stampa – le dichiarazioni degli intervenuti
Intervengono alla conferenza stampa: Michele Riondino, Isabella Ragonese, Andrea Bosca ed i piccoli interpreti della fiction.
Sono inoltre presenti: Eleonora Andreatta, Carlo Degli Esposti, Sandro Petraglia
Interviene Eleonora Andreatta, Direttore di Rai Fiction: “È parsa una storia necessaria ed indispensabile. Racconta di una resurrezione di un gruppo di bambini e ragazzi, di un futuro che rinizia lasciandosi alle spalle. Il servizio pubblico ha il dovere della memoria. Questo è un affresco ampio, è la prima volta che la Rai porta alla luce con la serialità una storia che ha un fondamento reale”.
Prende la parola Carlo Degli Esposti per Palomar: “Quando per caso tornando da Israele venni a sapere che la radio cercava persone che avessero conosciuto Perlasca a Budapest mi scattò il bisogno di capire cosa si nascondesse dietro a questa storia. A distanza di 20 anni abbiamo deciso di trarre una storia originale basata su un racconto reale. Aver prodotto una storia che si chiama la guerra è finita quando forse potrebbe iniziare di nuovo è singolare e drammatico, ma il ricordare le storie individuali che hanno fatto rinascere dall’orrore della guerra è il monito più forte affinché non succeda più. Sono un inguaribile ottimista e mi auguro che il pubblico ci dia un grande segnale di speranza”.
L’intervento di Sandro Petraglia
Sandro Petraglia, già autore di Perlasca, racconta la sua esperienza: “Anni fa ho collaborato ad una riduzione de La tregua ed al tempo avevo analizzato la seconda pagina di Primo Levi, che parla appunto di un bimbo che non ce la fa a sopravvivere. Penso che quell’emozione abbia lavorato dentro me. È impossibile rendere il lager, ho pensato che forse l’unico modo era raccontare il dopo. C’era la possibilità di raccontare l’Italia che rinasceva dalle macerie e lo stupore di scoprire cosa era accaduto nei campi. Nel 1945 in Italia nessuno sapeva niente di ciò che era realmente accaduto nei campi ed abbiamo messo i nostri attori nella condizione di scoprirlo a poco a poco”.
Interviene il regista, Michele Soavi: “Mia nonna si chiamava Levi ed era la cugina di Natalia Ginzburg ed ho ritrovato in questa storia un pezzo della mia famiglia. Da piccolo recitavo la filastrocca del re degli elfi di Goethe, una storia che racconta di un papà che cavalca in cerca del figlio e per me quel papà è Michele Riondino. La serie è intrisa di speranza. I piccoli attori (tra cui c’è mia figlia) hanno passato 4 mesi chiusi insieme a noi in un casale e si è creato un gruppo. È stata un’esperienza formativa e divertente”. Soavi introduce gli attori presenti in sala.
La guerra è finita, conferenza stampa: parlano i protagonisti
Michele Riondino parla dell’impatto emotivo di questa serie: “Questo film (ed il progetto in sé) ci ha dato la possibilità di ascoltare la storia dal punto di vista delle vittime “fresche”, cioè appena salvate. Le loro sono voci pulite ed inconsapevoli. Sul set si è vissuta questa forma di contrasto, valore aggiunto del film: abbiamo avuto la responsabilità di raccontare gli aspetti più profondi e dolorosi di questa storia, ma volendo al contempo tutelare i piccoli interpreti. È stato straniante, non eravamo attori, in quel momento eravamo solo due quarantenni che raccontano ad un bimbo di sei anni una storia ben lontana da una favola”.
La parola passa ad Isabella Ragonese
Isabella Ragonese parla del suo personaggio, Giulia: “È un bellissimo affresco. Tutto noi facciamo i conti con il passato. Giulia viene da una famiglia alto borghese e non ha vissuto sulla sua pelle la guerra. Il senso di colpa è il motore che la porta a voler far parte a tutti i costi di questo gruppo, della “Bella Italia”, di questi uomini e donne (i nostri nonni), che hanno ricostruito l’Italia.
La Ragonese continua: “Giulia ha un compito importante, crede nella memoria, nel valore della testimonianza. Se non si chiariscono le colpe e non si racconta ciò che è successo, non si può andare avanti. Mi è stata data la possibilità incredibile di riflettere ed ascoltare per la prima volta questa storia da un punto di vista diverso, con lo stupore misto ad orrore ed incredulità. Bisogna essere puri e capaci di essere toccati profondamente, dobbiamo raccontare ciò che è accaduto in maniera coinvolgente e comprensiva alle nuove generazioni”.
Interviene anche Andrea Bosca: “Il mio personaggio mi ha molto emozionato. Mi sono detto ‘Beh è come se Stefano fosse tutti noi. Veniamo dall’altrove rispetto alle tragedie personali dei più bisognosi’. Abbiamo raccontato questa storia con verità, col cuore. Mi ha lasciato un segno. Tutti i personaggi arrivano al casolare spinti dai propri bisogni, Stefano arriva lì per l’amore che prova nei confronti di Giulia, ma è dopo che capisce il vero senso della sua presenza in quel luogo, lì si mette in gioco. Questo personaggio rappresenta chi di noi deve ancora compiere una scelta”.
La guerra è finita, conferenza stampa: polemica in sala
Dalla sala viene proposto un parallelo tra la storia raccontata e quella dei bimbi immigrati che oggi si trovano a vivere tragedie in solitudine in un paese straniero. Risponde Andreatta: “Le storie che scegliamo di produrre affondando le radici nel passato, ma hanno riscontro anche nel presente”.
Paolo Scotti de “Il Giornale” afferma che c’è una overdose di questa tematica, soprattutto tra i più giovani, e chiede provocatoriamente: “Perché non si parla mai dei gulag? Questa serie trattando per l’ennesima volta il tema non rischia di risultare retorica?”
Risponde Michele Riondino, visibilmente irritato: “La sua domanda è a favore di una reinterpretazione della Storia. Non può sminuire comparando vittime ad altre vittime che nulla hanno a che fare con la nostra storia. Non parliamo di gulag perché da noi non ci sono stati, non parliamo dei comunisti perché da noi non hanno ucciso. Parliamo di Italiani che hanno ammazzato altri Italiani. Ancora oggi al seguito di ‘Prima gli Italiani’ si tende a dimenticare ed a ripetere gli errori”.
Chiosa Carlo Degli Esposti: “Se questa è retorica, vorrei morire di retorica fino al mio ultimo giorno”.