Cresciuto a Pippo Chennedy Show e stand up comedy anglosassone, nel 2012 Sabina Guzzanti l’ha presentato come uno dei nuovi volti della satira, al pubblico del suo Un , due, tre stella.
Romano, 30 anni a gennaio, chi ama la comicità matura, lo avrà visto esibirsi nei locali di tendenza della capitale.
Irriverente e scorrettissimo, su di sé non ha dubbi: “con questo fisico, potevo fare solo il comico o il nano nei film porno”. Per fortuna ha scelto la prima opzione. Lo abbiamo incontrato per un confronto su tv e satira.
Come nasce il suo ruolo alla Gabbia?
Mi hanno chiamato gli autori chiedendomi di partecipare con dei servizi in esterna, e io ho accettato perché avrei avuto un ruolo fisso in un programma di lunga durata e perché, oltre a una certa libertà di movimento che mi è concessa, i servizi televisivi in esterna li avevo praticati molto poco, per cui ho deciso di sperimentarli.
Come riesce a distinguersi dagli inviati delle Iene o di Striscia?
Prima di tutto mi pongo un obiettivo di scrittura pre-servizio: cerco di fare uno sketch. Non vado fuori dal Parlamento ad intervistare i politici così come capita. Avere un impianto iniziale e cercare di tenere fede alla scrittura aiuta molto, anche se poi la scrittura definitiva viene fatta inevitabilmente in montaggio. La realtà è completamente priva di tempi comici; è difficilissimo far tornare i conti. Cerco anche di fare servizi che possano funzionare anche senza politici, tanto che il più bello finora è quello sull’Olocausto dei figli di Berlusconi. Per me l’obiettivo finale è riuscire a fare qualcosa che abbia un retrogusto un po’ più speziato.
Lei nasce come autore satirico. Qual è lo stato della satira televisiva italiana?
C’è satira nella tv italiana? Non esiste un programma televisivo satirico oggi in Italia.
E allora Maurizio Crozza?
Crozza è un comico che fa dell’umorismo su politici e fatti d’attualità. Non è propriamente satirico in quanto, secondo me, non è in gioco un punto di vista controverso. Non è una critica; penso solo ci sia un equivoco di fondo per cui viene scambiata per satira anche ciò che satira non è. E’ stato detto che faceva satira persino Fiorello…
A cosa è dovuto questo equivoco?
Fondamentalmente, l’equivoco nasce dall’ignoranza. La nostra tradizione comica è ferma alla Commedia dell’Arte; siamo dei sotto acculturati in generale, come dimostrano i dati Ocse, ma specie a livello comico: la nostra cultura comica è paleolitica. Ridiamo per delle cose di una superficialità e di un’elementarità sconvolgente: noi pensiamo che la satira sia la battuta sui politici; non siamo proprio in grado di giudicarla.
Quindi a suo parere, i giovani quante prospettive hanno di lavorare in tv?
Molto poche; nel mio caso 4 minuti su La7. A mio parere chi prende le decisioni, ha stabilito che i programmi satirici non debbano più farsi. Quelli all’italiana, che comunque non erano paragonabili a certi programmi anglosassoni, non ci sono più da un pezzo.
E non c’è alcuna possibilità, dunque?
Pare di no. A me hanno persino detto che sono troppo “alto”, ma io non sono un intellettuale. Io sono normale: leggo, ma questo me l’hanno insegnato alle elementari; è il Paese che è troppo basso.
Sinceramente non credo che un programma satirico otterrebbe ascolti alti, ma la domanda è: perché in Italia abbiamo deciso di non coltivare minimamente le nicchie ma solo la massa? Tra l’altro, la nicchia consente, dal punto di vista commerciale, di calbrare di più la proposta.
Il suo discorso vale anche per la tv a pagamento?
Da noi anche la tv a pagamento è generalista: Sky è una generalista fatta meglio. Oltretutto, se oggi si decidesse di coltivare la nicchia, questa andrebbe riconquistata, perché nel frattempo ha abbandonato la tv; tendenzialmente adesso la nicchia sta davanti al computer a scaricare le serie americane. Se si volesse davvero sperimentare, ci sarebbero molte idee; invece spesso viene spacciato per sperimentale qualcosa che va in onda solo per capriccio personale.
Allora non c’è proprio speranza per chi vuole fare satira?
Io sono un pessimista di natura; come diceva Woody Allen, “non vedo il bicchiere mezzo vuoto, io non vedo proprio il bicchiere”. Detto ciò, a volte è successo che le cose sono cambiate, perciò starò a vedere cosa succede: senza speranza, ma con disponibilità.
Del resto questo paese ha vissuto della stagioni interessanti televisivamente parlando: ad esempio, la gestione di Rai2 da parte di Freccero.
Progetti per il futuro?
Io i progetti li ho, non so se me li fanno realizzare. Recentemente mi hanno detto che la tv non mi si può permettere, ma non in senso economico: perché non parlo alle masse.
Ma qualche idea l’avrà pure in mente
Ci sono un sacco di format stranieri che non sono mai stati importati e che magari sarebbe interessante provare. Lo sa perché da noi non si fa il David Letterman Show? Perché tra gli addetti ai lavori circola la voce che porti male; ma chi lo fa qui? Chi ha fatto il Letterman è stato Luttazzi. Ma credo che si faccia di tutto per chiudere il discorso sul nascere.
Lancio una provocazione che spero venga raccolta da qualcuno: mi propongo per il late show