In effetti, il primo anno, nel 1956, il varietà nacque in radio come torneo di canzoni, con il titolo Le canzoni della fortuna, riscuotendo un grosso successo di pubblico. Nel 1957 la trasmissione venne portata in televisione e trasformata in una gara tra dilettanti provenienti da tutte le regioni d’Italia. Negli anni successivi il regolamento fu di volta in volta aggiornato, diventando anche abbastanza complicato; ma tutto ciò non allontanò dai teleschermi il pubblico, che da casa poteva esprimere le sue preferenze inviando le apposite cartoline-voto insieme ai biglietti della Lotteria.
Diverse furono le edizioni di Canzonissima che passarono alla storia. Una delle più note fu quella del 1959, che aveva come autori Garinei e Giovannini, affiancati da Dino Verde e Lina Wertmuller per la regia di Antonello Falqui. A condurla un trio d’eccezione: Delia Scala, Paolo Panelli, Nino Manfredi, che inventò per la trasmissione il personaggio del barista ciociaro, Bastiano, diventato celebre per la l’esclamazione “Fusse che fusse la vorta bbona” frase riferita all’invito ad acquistare un biglietto della Lotteria che fosse vincente. Quell’edizione fece da caposcuola a tutte le future trasmissioni televisive di varietà, con grande successo di pubblico che si divertiva a seguire in ogni puntata le scenette comiche e le interpretazioni dei cantanti in gara. Mentre Delia Scala si esibiva nei balletti con il coreografo Don Lurio, che già imperversava dagli schermi tv, Manfredi e Panelli proponevano varie scenette: tra queste quella classica di Panelli che si trasformava ogni volta in un cinico cowboy un po’ bulletto.
Anche l’edizione del 1960 ebbe alla conduzione tre presentatori: Lauretta Masiero, Alberto Lionello ed Aroldo Tieri. Gli autori del programma erano Amurri, Faele e Landi. Dopo una lunga gavetta teatrale, grazie alla televisione, Alberto Lionello acquisì una vasta popolarità: chi non ricorda la simpaticissima sigla intitolata La, la, la, la, cantata e ballata agitando una paglietta in mano, per cui fu definito lo “Chevalier italiano” da Erminio Macario. Bellissima la sigla finale, cantata da Mina, Due note, di Antonio Amurri e Bruno Canfora.
L’edizione del 1962 fu la più burrascosa. La Rai sottrasse la conduzione del programma a Dario Fo e Franca Rame per uno sketch su un costruttore edile che si rifiutava di dotare di misure di sicurezza la propria azienda. La satira, sebbene espressa con battute semplici ed ironiche, fece emergere vistosamente la drammaticità della condizione lavorativa, provocando proteste e polemiche. Lo scandalo, oggetto dello sketch, venne ripreso da tutti i giornali e provocò addirittura un’interrogazione parlamentare, tanto che dopo sette puntate Fo e la Rame furono costretti a lasciare la trasmissione, venendo sostituiti da Sandra Mondaini e Tino Buazzelli. La regia era di Vito Molinari, autore insieme allo stesso Fo e a Leo Chiosso.
Dal 1963 al 1967, Canzonissima ebbe vari titoli quali Gran Premio, Napoli contro tutti, La prova del nove, Scala Reale (condotta da Peppino De Filippo che inventò il famoso personaggio di Pappagone), Partitissima (condotta da Alberto Lupo e i siparietti di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia). Tornò al titolo originario solo nel 1968 con l’edizione che ebbe come protagonisti Mina, Walter Chiari, Paolo Panelli, secondo i critici la migliore dopo quella del 1959. Anche qui non mancarono polemiche, discussioni, tutte rientrate. La sigla di apertura era la famosa Zum zum zum cantata da tutti i cantanti in gara e quella di chiusura, Vorrei che fosse amore, cantata da Mina. Ambedue le canzoni erano firmate da Antonio Amurri e Bruno Canfora.
Ricorderemo la Canzonissima 1969 per gli specchietti che facevano da scenografia al Teatro Delle Vittorie: li volle il regista Antonello Falqui per creare un effetto ampliato su chi guardava la trasmissione. A condurla Raimondo Vianello, Johnny Dorelli e le Gemelle Kessler (“le Gemelline tutto pepe” come le chiamava Vianello).
L’edizione del 1970 rimase famosa per la conduzione di Corrado, in coppia con Raffaella Carrà, quest’ultima al suo debutto in uno spettacolo importante (dopo i consensi che aveva avuto ad inizio del 1970 con il varietà Io, Agata e tu, con Nino Ferrer,dove si era fatta notare) e per la sigla del programma, Ma che musica maestro, che raggiunse e mantenne la vetta della Hit Parade per varie settimane. Questa edizione vide nascere fra di loro una solida amicizia destinata a durare negli anni e fino alla scomparsa del grande conduttore romano. I due, visto il successo di questa edizione vennero riconfermati anche nel 1971, con la partecipazione del grande imitatore Alighiero Noschese. Qui la showgirl lanciò il Tuca Tuca, ballandolo prima con Enzo Paolo Turchi e poi, in una delle puntate, quasi scandalizzando ma divertendo gli italiani con l’esibizione con Alberto Sordi, ospite di una puntata.
Dopo una discreta Canzonissima del 1972, condotta da Pippo Baudo e Loretta Goggi, la trasmissione perse il suo smalto originale, fino a chiudere la sua cavalcata con l’edizione del 1974, sempre gestita da Raffaella Carrà con Cochi e Renato e Topo Gigio, relegata dai fasti del sabato sera alla domenica pomeriggio, come già si era verificato nell’edizione precedente.