Un film importante insomma, con set anche a New York, sul quale si punta tanto, anche grazie al resto dell’ambientazione: la Roma del centro storico, quella da sindrome di Stendhal che negli ultimi tempi hanno portato sul grande schermo Woody Allen e il candidato all’Oscar Paolo Sorrentino.
Laura Adriani, romana, compirà vent’anni il prossimo aprile. E’ stata un po’ una bambina prodigio, avendo calcato per la prima volta le tavole di un palcoscenico a otto anni, chiamata da Simona Marchini per una versione di “Hansel e Gretel”. Nel 2007 è apparsa nella miniserie tv “Caravaggio”. Due anni dopo, nel 2008, ha partecipato alla prima edizione di “Ti lascio una canzone”, sotto l’ala della gallina dalle uova d’oro Antonella Clerici. Poi ancora piccolo schermo in “Cesaroni” 4 e 5 e “Provaci ancora prof”. E ora il film di Genovese, che lei non smette, nell’incontro con la stampa e nell’anteprima di lunedì scorso al Teatro dell’Opera, di chiamare “Maestro”. Nella pellicola interpreta Emma, figlia diciottenne del protagonista, Marco Giallini, uno psicanalista lasciato dalla moglie che ha tirato su le sue tre ragazze, tutte parecchio problematiche: Sara, omosessuale perennemente lasciata dalle sue compagne per cui prova a diventare etero, con lo scopo di sperimentare se con i maschietti la sua vita sentimentale possa svoltare. Marta, romantica libraia che si innamora sempre del tipo sbagliato, l’ultimo un ladro di spartiti sordo e muto ma che ha un amore sviscerato per il melodramma, vissuto dietro le quinte poiché lavora al botteghino del Teatro dell’Opera. E infine Emma, che lega con un cinquantenne architetto, interpretato da Alessandro Gassman, in crisi con la moglie e per questo in analisi proprio da Giallini. Una effervescente commedia romantica, con un soggetto originale, che ormai non è cosa comune (si deve a Genovese, Pieraccioni e Paola Mammini) e con una sceneggiatura, pure di Genovese, che fila liscia come l’olio, affrontando con levità anche temi scottanti, come l’omosessualità e l’handicap. E che permette agli attori di dare il meglio.
E’ un cast importante, Laura. Con lei sul set, oltre a Giallini e Gassman, Claudia Gerini, Vittoria Puccini, Anna Foglietta, Vinicio Marchioni. Come ha conquistato il suo posto?
“Beh, con una attesa lunga tre mesi. Io sono stata l’unica tra gli interpreti principali a sostenere un provino. Mi sono innamorata subito del personaggio di Emma, liceale che conquista l’affascinante cinquantenne incontrato per caso, come arredatore della propria camera. Ho studiato continuamente il ruolo, ho incontrato varie volte Genovese, ho lavorato molto sul personaggio. Volevo la scrittura fortissimamente, anche se a un certo punto non ci credevo più”.
E invece?
“Invece è successo che proprio quel giorno ho ricevuto la telefonata con l’ok definitivo. Ed erano già passate due settimane dall’inizio delle riprese a New York”.
Che cosa ha imparato da Genovese?
“Il rigore, la concentrazione sul personaggio, cosa facilitata anche dal copione scritto dal regista, che non lasciata spazio all’improvvisazione. Certo, a volte è capitato che Gassman e Giallini aggiungessero qualcosa di comico,ma se una sceneggiatura è scritta bene gli attori hanno le frecce già pronto nel loro arco. Genovese poi per me è un maestro, sul set mi sono sentita sua allieva, in un rapporto amichevole ma rispettoso”.
E Marco Giallini è uno spasso al pari dei suoi personaggi?
“Sul set ha sempre la battuta pronta. E siccome nel copione siamo padre e figlia, prima del ciak ci punzecchiavamo come appunto dovevamo fare nella finzione cinematografica. Era un po’ un modo di ripassare la parte”.
Nell’epilogo del film lei e Giallini siete i perdenti degli intrecci amorosi. Gassman la lascia e forse si riconcilierà con la bella moglie Gerini. Giallini rinuncia a spasimare proprio per la Gerini, che lo aveva stregato passeggiando ogni giorno sotto il suo studio con il cagnolino al guinzaglio.
“Invece non è così. Nella scena finale io e Marco camminiamo abbracciati per andare insieme a cena, noi due soli, su un fantastico sfondo romano. La vicinanza di padre e figlia, il sostegno reciproco, la medicina degli affetti sono il viatico per un futuro con tanta speranza”.
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