Giusti dà l’avvio al dibattito: «perché siamo in fissa con le serie televisive?»; Freccero non ha dubbi: «perché sono più belle del cinema». Il cinema attuale infatti, prosegue, è diventato televisione, mentre le serie hanno acquisito la qualità del cinema. Se uno sceneggiatore sa scrivere, se comprende in pieno il suo tempo, aggiunge l’ex direttore di Rai Quattro, allora può anticipare alcuni eventi, essere un precursore.
Ne è un esempio House of Cards, che ha capito fino in fondo la società e la politica americana, dove ciò che conta è «fare le scarpe all’altro». Parte il paragone con il premier: non a caso, sostiene Freccero, Renzi ne è un amante, e lo dimostra con la sua filosofia dello «stai sereno».
Ultimo aspetto analizzato, il ruolo del cattivo, che è diventato centrale, coerentemente con una società che mostra un volto affatto rassicurante.
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Stefano Sollima osserva che la serialità è in realtà un fenomeno in atto anche al cinema, come dimostrano i franchising americani.
Sabrina Ferilli invece, racconta la sua esperienza di attrice: il successo di certe serie è dovuto anche all’utilizzo di un linguaggio molto libero; «io ho fatto film in cui parlare di aborto era tabù. E questo è un limite quando si va a parlare di umanità. Le persone sono più mature di molti prodotti che vedono in tv». Anche Ivan Cotroneo condivide un aneddoto: dopo il 17esimo episodio di Una mamma imperfetta, in cui comparivano due mamme omosessuali, sono arrivate delle proteste da parte degli spettatori. Non si può dimenticare il contesto in cui verrà trasmessa la serie.
Poco dopo, lo stesso Freccero spiegherà che Don Matteo rappresenta perfettamente la linea editoriale di Rai Uno: « non si può domandare a Rai Uno di fare Breaking Bad» chiosa.
Terminato il momento dedicato alla serialità, si passa all’omaggio per i 60 anni della tv: un filmato con le vecchie annunciatrici, da Nicoletta Orsomando a Marina Morgan, dal bianco e nero ai colori.
Subito dopo, entrano Nicoletta Orsomando, Rosanna Vaudetti, Gabriella Farinon e Mariolina Cannuli; volti storici della Rai tra gli anni ’50 e ’60. Sono state loro i primi veri sex symbol del piccolo schermo.
Giusti svela che non è semplice trovare i lanci delle annunciatrici nelle teche Rai: questi infatti, non erano reputati importanti.
Le donne raccontano che nel contratto era previsto si truccassero e pattinassero da sole, che il lavoro consisteva in otto ore di attesa chiuse in camerino. Bisognava aspettare, poi, al momento giusto, entrare in studio e fare l’annuncio in diretta. La Rai, di cui erano volto in esclusiva, era un lavoro d’equipe: si diceva «Signore e signori, buonasera» perché la Rai era personificata, spiegano.
Ora la televisione è un’altra cosa; la profonda scollatura di Andrea Delogu, scherzano, non sarebbe mai andata in video.
La puntata si conclude con un’intervista a Rossana Di Lorenzo, attrice che ha intepretato la moglie di Alberto Sordi in Le coppie e Il comune senso del pudore.