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Non quello delle lunghe, estenuanti, spesso noiose, dirette con tanto di televoto, ma quelli frutto di un sapiente montaggio che li edita in puntate che scorrono veloci.
Alcuni anni fa la strada veniva tracciata da prodotti come il dating show al buio Next e Pimp My Ride, in cui un’equipe di meccanici metteva a nuovo macchine ridotte a rottami, installando al loro interno accessori tra i più stravaganti. Di questo programma esisteva anche una versione italiana, condotta dal gruppo dei Gemelli Diversi, dove ad essere aggiustati erano però i motorini.
Con il passare degli anni, i reality di Mtv si sono evoluti, manifestando persino degli intenti sociologici. È quanto avviene ad esempio in Catfish, che unisce una buona tensione narrativa alla tematica dell’identità in rete: dietro alle storie d’amore nate on line, si nascondono la solitudine, le insicurezze legate all’aspetto fisico o, come spesso accade, all’accettazione della propria omosessualità.
Attualissimo e persino educativo, nonostante le vicende vissute da alcune protagoniste, Teen Mom, seguito naturale di quel 16&pregnant che ci ha mostrato ragazzine adolescenti alle prese con gravidanze inaspettate.
Un intento sociologico, nel suo trash consapevole, era persino quello del Jersey Shore: mostrare una precisa identità sociale, quella degli italiani di seconda generazione in New Jersey. Il successo è stato tale che lo show ha poi aperto la strada ai cugini europei del Geordie Shore e del Gandia Shore, senza avere però lo stesso appeal dei ragazzi del New Jersey. Tanto i guidos di Seaside Heights erano spavaldi e ingenui nell’ostentazione della loro italianità, quanto i loro emuli europei erano impegnati a calarsi nel ruolo del tamarro doc, certi del successo che sarebbe derivato dal loro tripudio di spray abbronzante e ciglia finte.
Il Geordie Shore è arrivato all’ottava stagione, superando di ben due stagioni l’originale, ma con diversi cambiamenti all’interno del cast.
Se però pensavamo che il prodotto Jersey Shore fosse già stato sfruttato a sufficienza con le versioni estere, gli spin off e il pessimo The Valleys, è perché non avevamo ancora assistito all’approdo dei tamarri su altri lidi.
L’archetipo del tamarro infatti, non consiste più in “gym, tan, laundry”, ma si avvale dell’introduzione di alcuni elementi factual per rendere ancora accattivante un soggetto abusato dal racconto televisivo di Mtv.
Tanto per iniziare infatti, è sbarcato in cucina: alla fine, anche Mtv non ha resistito all’invasione dei cuochi che imperversano sulle altre reti. In House of Food i ragazzi sono aspiranti cuochi, ma il format non cambia: una casa da condividere, momenti confessionale, tatuaggi, litigi, serate in discoteca.
In Beauty School invece, che la rete sta replicando a tarda notte, tutto ruota intorno a un salone di bellezza. Una casa di Barbie e Ken dove, tra una prova e l’altra, Savannah e Tara si contendono l’attenzione di Jeremy, Sacha sfoggia piercing e gli altri osano ragionamenti improbabili: tutto mentre frequentano una scuola di bellezza a Manchester.
Maniaci dell’estetica, i protagonisti sono un concentrato dei consueti ingredienti. Il meccanismo è il solito: otto ragazzi in una casa che, stavolta, sognano di gestire un salone estetico. Oltre ai muscoli, qui i ragazzi hanno persino le gambe depilate, mentre le ragazze sfoggiano capigliature improbabili dai colori innaturali e un trucco che le rende ancora più finte di quanto non riesca a fare il solito doppiaggio Mtv.
Trasmesso al debutto il sabato alle 23.00, con l’ultimo arrivato Beauty School, il tamarro televisivo sembrerebbe definitivamente avviato sul viale del tramonto: non sorprende e non diverte più, ha perso appeal; non colpisce per originalità, nemmeno per il trash improbabile. I suoi protagonisti sono destinati a non rimanere nel cuore degli spettatori, risultando solo gli ennesimi di una lunga lista. Finalmente.