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Presenti in sala, personalità e addetti ai lavori che conoscono la Rai dall’interno, ma anche alcuni esterni. È il caso ad esempio di Andrea Castellari, general manager del gruppo Viacom (Mtv), che esordisce ammettendo di non essersi mai posto il problema di cosa sia esattamente il Servizio Pubblico, anche a causa del diverso tipo di reti in cui lavora. Molto semplicemente, prosegue, il servizio pubblico deve essere un’eccellenza, sia nei contenuti che nella fruizione. Il modello per eccellenza è la BBC, che traina l’intero sistema tv britannico.
Attenzione poi al profilo tecnologico: occorre portarsi avanti su tutte le piattaforme, fare in modo che il device del digitale arrivi ovunque per potenziare la distribuzione. Invece, al momento, il livello di penetrazione del segnale è ancora basso, sia per quanto riguarda la copertura che la potenza.
Segue Pierlugi Battista, firma del Corriere della Sera: ogni situazione di monopolio è finita e il canone, dato che si deve pagare con una tassa, va giustificato. Ad ogni modo la questione centrale è un’altra: i giovani non sanno nemmeno cosa sia la Rai nella loro dieta mediatica, perché guardano le serie all’una di notte.
{module Google richiamo interno} Il palinsesto non ha più senso, non esistono orari: quello che si perde, si recupera in streaming più tardi. Il problema su chi scegliere tra Floris e Giannini non si pone: si guarda prima l’uno poi l’altro, e pure col vantaggio di poter mandare avanti le parti noiose.
La televisione deve conquistarsi spettatore per spettatore ogni giorno.
Per Massimo Bernardini, conduttore di Tv Talk, il problema è che quello che fa la Rai non è abbastanza noto all’opinione pubblica. Dei tentativi di cambiamento ci sarebbero, basti pensare a Braccialetti Rossi, che è riuscita ad appassionare i più giovani; Rai Uno sta sperimentando il lunedì sera, Rai Tre ha inaugurato una conduzione femminile in un talk politico-economico. In Italia però, c’è un vizio di fondo che inficia l’analisi: i dati di ascolto vengono considerati indicatori di qualità. La massimizzazione degli ascolti è diventata cultura, tanto che i quadri dirigenti vi hanno identificato l’ideale da perseguire per molti anni.
Durante la “pallacorda” inoltre, è intervenuta Lorenza Lei, ex direttrice generale della Rai, convinta che prima sia necessario intercettare i bisogni dei cittadini e, di conseguenza, muoversi lungo tale direzione. Esistono poi molti format storici che possono essere rivitalizzati e resi contemporanei: i bisogni dei pubblici ora sono più sofisticati ma, sostiene, in fondo rimangono sempre gli stessi.
Decisamente combattivo invece, l’approccio del maestro Ettore Bernabei, accolto tra gli applausi dei partecipanti. La Rai deve essere un “servizio di sicurezza pubblica” che difende gli interessi dei cittadini, compito che solitamente viene delegato alle forze armate. E difendere i cittadini significa fornirgli informazione ed intrattenimento di qualità.
Riguardo al canone, si può anche abolire, magari sostituendolo con una tassa che i cittadini possono comprendere meglio. Bernabei conclude ipotizzando un modello economico in cui confluiscono partecipazione pubblica e privata: una società per azioni in cui il 75% deve essere dello Stato (non del governo) con il rimanente 25% di cui nessuno può possedere più dell’1%, in moda da impedire scalate.
Tra i volti televisivi che hanno partecipato, anche Michele Mirabella e Sandro Petrone, inviato del Tg2. I prossimi incontri si terranno l’8 e il 31 ottobre.