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Inoltre ‘Eco della Storia’, m.o. sabato 6 dicembre alle 21,30 su Rai Storia offre una panoramica su La Storia dell’Opera, in cui “Il Teatro alla Scala racconta l’Italia” dalla sua nascita nel 1778: Gianni Riotta ospitando Guido Crainz, docente di Storia Contemporanea all’Ateneo di Teramo, passa al vaglio vita, vicende, personaggi del tempio meneghino, nel bene o nel male specchio dell’Italia.
Ciò, dal Risorgimento con le opere di Verdi, al Novecento con Arturo Toscanini e la Callas, sino a Giorgio Battistelli, che in maggio presenterà alla Scala l’opera “CO2”: tutto grazie al materiale delle Teche Rai.
‘Terza Pagina’ poi – m.o. sabato 6 dicembre alle 22,00 su Rai Scuola – dedicherà la puntata alla lirica e al “Fidelio” scaligero, che avrà la direzione di Daniel Barenboim, grande direttore tedesco. Il programma, condotto da Paolo Fallai, ospiterà Sandro Cappelletto, saggista e critico musicale de La Stampa e Le Monde, la pianista Rita Marcotulli, il musicologo Giovanni Bietti che tiene memorabili lezioni anche per le famiglie all’Accademia di S.Cecilia, indi il critico del Corriere della Sera Valerio Cappelli, che sintetizzerà i maggiori appuntamenti del momento: infine Paola Severni intervisterà Francesco Micheli, presidente di MitoSettembreMusica, per una carrellata sugli eventi musicali, dalla classica al rock.
Ma tema del momento resta il “Fidelio” alla Scala: decine di microfoni e altoparlanti distribuiti in tutto il teatro, riflettori e diffusori delle luci, 14 postazioni in città per la diretta gratuita al pubblico, annunciano l’evento musicale che ha privilegiato un’opera di non frequente esecuzione. Essa, come ognuno sa, è l’unica creata da Beethoven – un sinfonista, il maggiore di tutti i tempi, colui che ha determinato il corso futuro della musica – poichè di altre come “Coriolano” e “Egmont” egli ci ha lasciato solo le ouvertures e pochi brani.
E fu opera tormentata come poche. Certo Beethoven non aveva avuto come Mozart una formazione in Italia, che ne esaltava la vocazione melodica e melica: Beethoven esprimeva musicalmente una ferrea logica costruttiva e sintattica, e con essa la certezza morale dei valori dell’Illuminismo.
“Fidelio” narra la vicenda di Leonora sposa di Florestano – imprigionato per la sua opposizione alla tirannide del Governatore spagnolo – che travestita da uomo, Fidelio, riesce ad introdursi nel carcere, sino a che verrà liberata con Florestano dalla giustizia del Ministro. L’opera è intesa da Beethoven come trionfo della lotta per la libertà, ma anche come esaltazione dell’amore coniugale (l’amore aveva per lui grande valore).
Egli la mise in scena a Vienna nel 1805 senza successo, il quale non arrise ad essa nemmeno dopo il rifacimento del 1806, sicchè il compositore modificò ancora la partitura nel 1814, poi dirigendola di persona a Vienna nonostante la forte sordità. Il successo giunse e l’opera è ora nel repertorio mondiale.
Ma la sua tormentata genesi è evidente nelle quattro ouvertures che Beethoven compose, tutte intitolate ‘Leonora’ tranne la quarta (‘ouverture del Fidelio’), la terza delle quali – bellissima e possente, quasi l’opera intera in miniaura – viene eseguita in genere in un intervallo del II atto.
Pare che Barenboim, inteso a dare minor risalto alla componente politica antinapoleonica, faccia luce sui personaggi minori (Marzeline), e abbia scelto per l’inizio l’ouverture n.2, perché più ariosa e libera.
Quindi la sua esecuzione, con la regìa di Deborah Warner, le scene di Chioe Obolensky, i protagonisti Anja Kampe e Klaus Florian Vogt, presenterà delle novità. E non saranno quelle del menù meneghino per la cena di gala dei 420 invitati, che forse ci faranno ricordare, queste sì a buon diritto, le uova marce dei sessantottini.