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Nessuna novità rispetto alla prima, ultra replicata stagione: in scena solo sette comici armati di monologhi satirici. A turno, uno di loro presenta la serata.
L’arsenale da palco dei comedian si compone di riflessioni sull’essere umano, annaffiate da profluvi di sesso e linguaggio possibilmente volgare. Non si perde tempo in perifrasi a Stand Up Comedy, motivo questo per cui la rete colloca lo show dalle 23.00 in poi: i comedian infatti, offrono la propria visione della realtà a un pubblico adulto a cui potersi rivolgere in libertà.
Al di là della risata, quel che conta è il messaggio: la scrittura parte da ciò che si vuole comunicare, sempre con l’intento di andare oltre i recinti del pensiero comune.
Per esempio, dovremmo accettare che l’essere umano è stupido. Abbiamo assistito a una delle registrazioni, e siamo in grado di anticipare alcuni contenuti dei pezzi. C’è chi, appunto, ha dubbi sull’intelligenza umana, perché se per finanziare la ricerca sulla Sla ha davvero funzionato l’Ice Bucket Challenge, allora dobbiamo per forza essere stupidi. C’è poi chi dà manforte alla tesi: è risaputo che gli uomini si distinguono per l’intelligenza, mentre i ghepardi per la velocità; qualcosa però dev’essersi inceppato nel meccanismo della natura, dato che di ghepardi lenti non ne abbiamo mai visti, ma di stupidi a valanghe.
La riflessione diviene sociologica in un monologo contro il Paese che obbliga i ragazzi ad andarsene. Così, dopo che abbiamo finanziato l’istruzione di quei giovani, loro impiegheranno le loro energie altrove, mentre noi avremo perso per sempre i soldi spesi.
Siamo ancora in ambito sociologico quando si ragiona sul linguaggio che si dovrebbe adeguare ai tempi, per esempio negli insulti: siamo nel 2015, e c’è ancora chi pensa di offendere una donna dandole, per dirla in punta di fioretto, della poco di buono quando, al limite, si tratta di un vezzeggiativo. La società cambia; il linguaggio andrebbe aggiornato.
Non viene risparmiata la religione, a partire dall’ironia su Dio che si presenta a Mosè come “Io sono colui che è”, fino a chi vorrebbe fondare una propria religione che, per mantenere un elemento di continuità con la mela della vecchia tradizione, potrebbe essere chiamata Strudel. Com’è possibile, ci si chiede, che dopo conquiste quali aborto e divorzio, la crescente laicizzazione, il progresso tecnologico, la maggiore scolarizzazione, secondo alcune ricerche i credenti sono aumentati?
In definitiva, a Stand Up Comedy gli spettatori trovano la satira di costume che manca nell’intrattenimento della tv generalista.
Se da un lato alcuni comici si sono dati alle invettive politiche sposando l’immagine del personaggio che fa controinformazione, altri continuano a cavalcare impunemente i luoghi comuni sugli italiani oppure, ancora, si adagiano dentro un costume che attiri il target adolescenziale. Bistrattando in entrambi i casi la comicità: trasformandola in arringa i primi, riducendola a mero professionismo retorico i secondi.
Nel Paese in cui un comico è divenuto di fatto interlocutore politico, la satira si alimenta quasi esclusivamente dal tema della casta; manca invece l’autocritica sui cittadini che di quella casta politica posseggono i vizi ma non le occasioni. Cittadini che, ovviamente, sono telespettatori di cui cercare il consenso ai fini dell’auditel, con il risultato di avere una satira bonaria che mette tutti d’accordo senza offrire alcuno spunto critico. Un umorismo in cui il bersaglio è sempre altro da sé, definito all’esterno: archiviata la battuta sulle principali vicende di attualità, viene meno qualsiasi elaborazione o presa di coscienza sulla nostra natura, sia in quanto società che in quanto esseri umani.
Non che spetti alla comicità sobbarcarsi la funzione salvifica dell’intelletto altrui, ma se nemmeno i comici si permettono l’irriverenza, il pubblico è destinato ad uno spettacolo di sole repliche.
L’appuntamento con Francesco De Carlo, Mauro Fratini, Filippo Giardina, Velia Lalli, Giorgio Montanini, Saverio Raimondo e Pietro Sparacino è dunque fissato per il lunedì in seconda serata su Comedy Central.
Stand Up Comedy: il programma dove l’unico elemento scenografico è un microfono ad asta.