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Nel concerto fra poco trasmesso su Rai3, lo ascolteremo nelle “Deux Danses” per arpa e archi di Debussy e nella “Sinfonietta” di Francis Poulenc, mentre non verranno mandati in onda gli ultimi due brani del concerto del 2014, “Un americano a Parigi” celebre poema sinfonico di George Gershwin e l’altrettanto celebre, anzi ormai universale “Boléro” di Maurice Ravel, sempre nella direzione di Pascal Rophé.
Con le due Danze di Claude Debussy, che amava la musica per danza e amava anche l’arpa, strumento dal suono dolcissimo che lo incantava per la magìa delle eco diffuse nello spazio, ci troviamo a ridosso di un problema tecnico, cui Debussy volle dare un contributo: quello della struttura stessa dello strumento, peraltro molto antico. Le “Deux Danses”, ossia la danse sacré ( in tempo molto moderato) e la Danse profane (moderato) furono composte nel 1903, mentre Debussy era impegnato nella composizione de “La mer”, opera impegnativa che andava avanti con lentezza, per cui il compositore si dedicata nello stesso tempo alla stesura di altre più brevi opere.
Accanto all’arpa diatonica perfezionata da Erard che prevedeva pedali per le tonalità, a Bruxellles nell’ambito della celebre casa Pleyel di strumenti musicali, fu realizzata una nuova arpa che prevedeva molte corde, tali da coprire tutti i toni e semitoni delle scale cromatiche, che fu infatti detta ‘arpa cromatica’, per lanciare la quale fu chiesta apposta proprio a Debussy la composizione di una nuova opera.
Ne nacquero le “Deux Danses”, rare espressioni della sonorità di arpa e archi insieme, che unite alla continua ricerca di evanescenze sonore del Maestro francese – in un periodo storico caratterizzato dall’affermazione in campo artistico dell’Impressionismo – diedero a queste due composizioni di Debussy un carattere arcaizzante, un richiamo alla musica greca (ne sono infatti ripresi il modo dorico e quello lidio) e talora anche giapponese: in ciò sta infatti il fascino delle due danze, specialmente della prima, quella sacra, mentre la profana ha accenti più densi e diversi stacchi ritmici.
Entrambe comunque rientrano nel clima musicale delle “Gymnopédies” di Satie. Col tempo però, l’arpa cromatica – per via della difficoltà delle esecuzioni e dell’intonazione delle tante corde – non fu più utilizzata, mente l’arpa diatonica è tuttora in uso e le composizioni di Debussy si adattano ad essa senza difficoltà. La suonerà da solista in concerto Margherita Bassani, prima arpa dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai.
Del compositore contemporaneo parigino Francis Poulenc, la musica esprime fedelmente il carattere vivace, inquieto, sperimentatore, che lo spinse al contatto coi grandi del periodo, Stravinskij, Hindemith, Boulez, anche se il rapporto con il centro musicale di Darmstadt non fu mai disteso né egli si schierò chiaramente nelle scelte musicali d’avanguardia.
La “Sinfonietta” del 1948 ne è una sorta di manifesto: vivacissima nei quattro movimenti, nella chiarezza strutturale tuttavia pare rifarsi ironicamente ad Haydn e Mozart, cosa che la direzione di Rophé sottolinea, e che ha legittimato – per il disegno netto e plastico dei singoli strumenti – la curiosa definizione critica della “Sinfonietta” come “musica di danza senza danzatori”.
Qui alcuni passati appuntamenti de La musica di Rai3.