Punto focale del prdotto è una esplorazione della esistenza quotidiana dietro le sbarre, un lungo excursus attraverso le esperienze e le emozioni di chi il carcere lo ha frequentato a lungo e ne conosce bene tutti i risvsolti.
Sia il racconto che la trasposizione per il piccolo e grande schermo, si basano su un elemento fondamentale: il sottile e velato tratto ironico con cui viene affrontato il dramma della detenzione. Un tocco leggero, senza cadere nella retorica, avvertono regista e scneggiatori per non colpire negativamente il pubblico attraverso un percorso di dolore ma spesso anche di violenza.
{module Google richiamo interno}cco quanto vedremo giovedì 10 marzo su Rai3 in seconda serata: Antonio è un delinquente che entra e esce dal carcere. Ha un carattere singolare: alla furbizia innata aggiunge la capacità di poter far credere agli altri qualsisi cosa lui abbia deciso di trasmettere. La sua caratteristica è anche di mutare personalità a seconda delle circostanze. Infatti racconta di se storie differenti, cambiando il suo passato e le proprie origini facendosi passare per chi, invece, non è.
Antonio finge di essere siciliano, campano, milanese, e riesce persino a iitare i dialetti delle varie zone. In questo modo crede di accaparrarsi la simpatia dei suoi differenti interlocutori. L’uomo dalle molteplici sfaccettature caratteriali e psicologiche, ama incondizionatamente la cella del carcere in cui vive: per lui rappresenta quasi una casa, la sente propria e vi si rifugia sempre molto volentieri.
Un giorno, però, in quel “nido sicuro” arriva un altro personaggio, si tratta del boss Rocco, esponente di primo piano della camorra che deve scontare solo tre anni di reclusione. Il delinquente, infatti, è riuscito a scampare a pene più severe eludendo le accuse più gravi.
Ma, come se non bastasse il boss occupa il suo letto. E questo è il più grande affronto che Antonio potesse subire. Da qui si dipanano situazioni a metà strada tra il serio e il faceto.