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La fiction si apre col compleanno di Roberto Ardenzi (Giorgio Tirabassi). Il commissario ha lasciato da tempo il X Tuscolano, protagonista di Distretto di polizia, e ora lavora alla Squadra Mobile di Roma. Ha organizzato un bel pranzo con i collaboratori della sua sezione, giusto il tempo di chiudere un pedinamento e fermare un traffico di droga insieme al fido collega, capo della narcotici, Claudio Sabatini (Daniele Liotti, già visto in Un’altra vita).
. Tutto sembra andare alla perfezione se non fosse per una segnalazione urgente: una donna minaccia di buttarsi nel Tevere col figlio.
Mauretta, la figlia di Ardenzi che avevamo lasciato bambinetta al X Tuscolano, ora è una studentessa universitaria molto responsabile e affezionata al padre. Talmente affezionata che non sopporta più le continue assenze e ritardi del genitore.
Non fa eccezione il giorno del compleanno del commissario, con una bella festa organizzata nel giardino di casa e tutti i colleghi ad aspettarlo. Ma Ardenzi non è certo uno che lascia sola una donna in pericolo, lo sa sua figlia e lo sanno i suoi colleghi. Lo imparano da subito anche Marcello Oliviero (Marco Feroci) e Riccardo Pisi (Marco Rossetti) due ragazzi appena entrati in servizio.
Intanto Sabatini ha risolto, a modo suo, l’indagine sul traffico di droga e ha fatto verbalizzare tutto o quasi… Anche lui non manca all’appello dei presenti ai festeggiamenti. Ad attenderlo ci sono Sandro Vitale (Marco Catania), il collega più anziano, una vita sulle strade della Capitale, Isabella D’Amato (Valeria Bilello), alle prese con una segnalazione di aggressione a una donna, Giacomo e Valeria… Tutti in attesa di poter brindare al compleanno del loro capo.
“Squadra Mobile” non è il classico action – sottolinea il regista Alexis Sweet –. La tensione e l’intrigo nascono dai conflitti personali dei protagonisti piuttosto che dai crimini affrontati. È questa la forza della serie. Il pubblico può instaurare un intimo rapporto con i personaggi, che si mostrano in tutta la loro umanità e fragilità.
Inoltre i casi trattati attingono alla drammatica attualità, come la violenza domestica, lo sfruttamento dell’immigrazione, la schiavitù sessuale. Questa nuova prospettiva mi ha portato a trattare la serie come se fosse un documentario sulla vita degli otto poliziotti. Come riferimenti stilistici ho utilizzato il film del 2011 Polisse di Maiwenne e la serie Southland (2009-2013) di Ann Biderman, dove il giallo rimane in secondo piano. Grazie anche all’ottimo cast ho potuto impegnare maggiore energia nello sviluppo del carattere degli individui, cercando di far emergere le diverse sfaccettature e contraddizioni. Ho voluto affondare nel dramma personale, pur mantenendo uno sguardo ironico. Come in un documentario ho seguito i personaggi incoraggiando l’improvvisazione tra gli attori e usando spesso la macchina a mano, la luce e il suono naturale”.
Qui la conferenza stampa di presentazione della serie