Tre modalità di fruizione dunque – dal vivo, nelle sale cinematografiche e in tv – per l’opera allestita sullo sfondo dell’Etna. Secondo il collaudato “format” che permette ad Enrico Castiglione, direttore del 2007 del Taormina Festival nonché regista e scenografo del Rigoletto, di produrre i suoi spettacoli in autofinanziamento, senza perciò ricevere contributi pubblici né scontare avvilenti passivi di bilancio.
Quello che vedremo domani sul piccolo schermo del canale culturale della Rai (una “replica” avverrà anche su Rai Uno, nell’ambito del ciclo di trasmissioni che Gigi Marzullo dedica alla lirica) è un Rigoletto corrusco, viscerale, sanguigno.
“Aggressivo”, l’ha definito tout court Castiglione. E davvero ha centrato la cifra “bestiale” che ha voluto dare all’opera, che debuttò alla Fenice di Venezia, tratta dal dramma di Victor Hugo “Le roi s’amuse”. I protagonisti sono costretti ad agire in un labirinto – questa l’invenzione scenografica – prigionieri dei propri sentimenti. Dell’odio, dell’amore, dell’ira, dell’invidia. E’ una condizione non individuale ma collettiva, se è vero che i cortigiani di Mantova – cui dà voce il Coro lirico siciliano rigorosamente diretto dal Maestro Costa – sono corvi, lupi, avvoltoi nelle movenze e nei costumi disegnati appositamente per questo allestimento da Sonia Cammarata, che si è ispirata a un Rinascimento torbido ma anche giocoso, come negli abiti del buffone di corte protagonista conciato ad un certo punto perfino da gallo.
Ne esce fuori uno spettacolo che sa essere insieme teatrale e televisivo. Castiglione, che ha un passato proprio nel piccolo schermo, è abile a muovere le dodici telecamere. Gli scorci naturali – le antiche pietre e l’Etna – si fondono in un montaggio serrato con i primi piani dei protagonisti e con le scene d’insieme. I protagonisti, appunto. Tra di loro, nel ruolo del Duca di Mantova, un volto che gli spettatori televisivi conoscono: è Gianluca Terranova, il “Caruso” del piccolo schermo nella fiction andata in onda con successo. Gilda, soprano sempre di bianco vestita, è una lievissima Rocio Ignacio, Monterone è il basso Gianfranco Montresor, mentre il baritono Carlos Almaguer ha retto il ruolo del titolo con una baldanza che lo ha “costretto” a bissare, su incitamento del pubblico, il “Sì, vendetta, tremenda vendetta” alla fine del secondo atto.
Ha un’altra particolarità, questo Rigoletto dalle molteplici piattaforme che ha portato sul podio, a dirigere con piglio sicuro l’Orchestra Sinfonica Bellini, il maestro Gianluca Martinenghi: è nella versione originale, ovvero senza le censure che avevano ripulito il testo di accenti troppo osée, come ha sottolineato nel dotto libretto di sala lo studioso Domenico De Meo. Così, per esempio, quando il Duca di Mantova entra nella bettola di Sparafucile chiede “Due cose tosto..tua sorella e del vino” invece dell’edulcorato “una stanza e del vino”.
Ce n’è abbastanza per attendere con interesse l’appuntamento di domani su Rai5. Allorché finalmente la lirica, con questo Rigoletto siciliano, approda alla prima serata.