Il risultato, purtroppo, è la scarsa credibilità dell’attore quando esce dal suo guscio e si cala in ruoli differenti da quello del commissario creato da Camilleri. Il che significa la presenza di riserve sulla miniserie dedicata a Adriano Olivetti di cui è andata in onda la prima puntata su Rai1. La fiction racconta la storia dell’imprenditore, ingegnere e uomo politico di Ivrea che costruì il primo calcolatore elettronico a transistor e lanciò la famosa macchina da scrivere Lettera 22. Questa vicenda, di rilevanza nazionale, sicuramente molto importante nella storia del nostro Paese, è resa in maniera estremamente idilliaca, con una strisciante retorica che mira direttamente a colpire l’immaginario del pubblico e ha l’obiettivo di coprire le pecche che sono presenti. Non sono soltanto limiti di regia, anzi la regia è particolarmente curata, pulita, studiata, amata: Michele Soavi che la firma, è il nipote di Adriano Olivetti e ha messo nel suo lavoro un valore aggiunto, l’affetto per il personaggio. Un elemento certamente positivo che, però, ha rivelato, nel corso degli eventi, un effetto collaterale: ha dato al racconto televisivo un’impronta troppo idilliaca. Tutto infatti nella fiction appare come immerso in un mondo speciale, dove regnano amore, armonia, fratellanza, condizioni perfette di lavoro. La figura di Olivetti ne esce quasi beatificata, ne è stata fatta una vera e propria agiografia secondo un processo proprio della nostra fiction ma che qui è stato troppo accentuato. Certo, il sogno si infrange quando l’imprenditore muore a soli 59 anni, ma anche la morte è avvolta in un’aura di suggestione infinita.
Naturalmente c’è da sottolineare la valenza della parte storica della vicenda Olivetti, la realtà dell’azienda che ha rappresentato un vanto per l’Italia nel mondo, al punto che la Lettera 22 è esposta a MoMA di New York. E’ resa anche bene la straordinaria lungimiranza dell’imprenditore che ha anticipato molte conquiste dei lavoratori. Ma, complici spesso anche i paesaggi immersi in una suggestione irreale, la miniserie ha ricreato una sorta di paradiso terrestre. Peccato che lo spettro di Montalbano vagava dappertutto. Solo nella seconda parte della puntata, Zingaretti ha dato la sensazione di essersi un po’ distaccato dalla sicilianità di Montalbano e appariva quasi più sicuro di sè.
Nel cast c’è anche Stefania Rocca nel ruolo dell’agente della CIA che deve controllare Olivetti. La sua credibilità è minata dall’onnipresenza televisiva: vederla in Una grande famiglia nel ruolo della moglie traditrice del marito e amante del cognato e ritrovarsela qui, a distanza di sole 24 ore, è come riconoscere un vecchio amico al di sotto di un travestimento.