Pupi Avati, il regista, ha ottenuto dai suoi attori, dal primo all’ultimo, una capacità interpretativa difficilmente reperibile nella fiction troppo spesso banale, made in Italy. Micaela Ramazzotti e Flavio Parenti, nel ruolo dei due protagonisti, non presentano alcuna sbavatura, sono del tutto credibili nello scorrere degli eventi e nel mutare dei sentimenti. Il semplice paragone con serie di ben altra valenza recitativa che passano sul piccolo schermo Rai e Mediaset, mette in evidenza un universo diametralmente opposto alla banalizzazione e alla recitazione approssimata.
Pupi Avati è riuscito miracolosamente, a trasformare in un attore di tutto rispetto Andrea Roncato che, nel ruolo del padre della protagonista Francesca (la Ramazzotti) credo abbia dimostrato uno stato di grazia recitativo difficilmente raggiungibile in altre circostanze. Medesima considerazione per Corrado Tedeschi ed Ettore Bassi.
Flavio Parenti, il protagonista maschile non è da meno per credibilità. Colpisce, soprattutto, nella serie, la coralità emotiva e emozionale del cast che sembra recitare all’unisono, ogni attore in sintonia con l’altro. Come se davvero tutti fossero una grande famiglia. E qui è evidente il lavoro di preparazione effettuato dal regista.
La storia, però, procede lentamente, gli eventi seguono un ritmo quasi al rallentatore: Francesca e Carlo hanno impiegato due lunghe puntate per lasciare i partner che avevano prima di incontrarsi, innamorarsi e sposarsi a dispetto delle rispettive famiglie, contrarie alle nozze. Ci sono altre quattro puntate per raccontare anche la fase adulta del rapporto di coppia, i cinquant’anni che hanno caratterizzato il matrimonio tra i due protagonisti. Qualcosa dovrà pur cambiare nei ritmi che dovranno necessariamente subire un’accelerazione. Ma la lentezza di Un matrimonio è lontana anni luce dalla lentezza irritante delle soap opera che con questo espediente tendono a diluire le puntate.
La tranquillità della recitazione, anche in momenti drammatici, fa da sottofondo alla tranquillità del “matrimonio” tra Francesca e Carlo. Un legame che, pur tra infinite difficoltà e fraintendimenti, alla fine si consolida proprio attraverso le piccole cose condivise della vita in comune. In questo senso siamo in presenza di una serie “rivoluzionaria”. Pupi Avati ha ragione nel sottolineare, infatti, che la sua rivoluzione è proprio proporre un matrimonio durato 50 anni in antitesi al decadimento dei valori familiari di questi ultimi anni.
Infine, le ricostruzioni dell’epoca: migliori quelle degli interni e degli ambienti casalinghi, curate nei particolari. Gli esterni sono sembrati meno perfetti, più approssimati, probabilmente per motivi di budget.