Da questo momento inizia la costruzione di un paio di storyline parallele che devono reggere il video per dodici puntate: questa è la permanenza su Canale 5 del serial, che l’Auditel troppo benevolo fin dalla prima puntata, ha consacrato come uno dei successi della primavera Mediaset.
La verità è che anche un feuilleton, se ben fatto, può catturare l’interesse del telespettatore. Ma non è il caso de Le tre rose di Eva. Innanzitutto per la poca credibilità della recitazione: gli attori sembrano ingessati nei propri ruoli, freddi e distaccati, nonostante il pathos che gronda dalla vicenda, un miscuglio di thriller, genere rosa e giallo, ma, purtroppo della peggiore specie.
Cominciamo dal pathos: è costruito, distante dal telespettatore e si intrufola nella vicenda con tutti i canoni della classica fiction all’italiana. Siamo insomma in presenza del consueto didascalismo e della tradizionale retorica di maniera che non si trova più neppure nella soap opera per eccellenza: Beautiful.
Il protagonista maschile è Roberto Farnesi che interpreta il fidanzato di Aurora. Il giovane si fa subito convincere della colpevolezza della sua donna accusata con prove apparentemente schiaccianti. Salvo poi essere ripreso dall’antico sentimento quando la ragazza ricompare in paese, dopo la prigionia.
Nel cast c’è anche Barbara De Rossi che interpreta la madre scomparsa di Aurora. La donna era l’amante del padre di Farnesi. Il fine della soap opera è di presentare la saga di due famiglie rivali in un contorcimento di situzioni, di intrighi sessuali ed economici che dovrebbero rendere accattivante la storia e soddisfare l’intimo voyeurismo dello spettatore medio italiano. Non sempre, come abbiamo detto, questo scopo viene raggiunto. Anzi, Le tre rose di Eva hanno troppe spine al loro interno che rendono doloroso lo scorrere degli eventi.
Naturalmente Aurora è tornata per fare chiarezza sulla vicenda della morte dell’anziano suocero e per dimostrare la propria innocenza. Ci riuscirà ma, come in tutte le soap opera che si rispettino, la sofferenza dura per tutte le lunghe puntate. Poi l’happy end. Ma visto che l’Auditel è sempre stato benevolo, non avremo scampo: si sta già pensando al sequel e ne avremo per altre dodici interminabili puntate che, in una sorta di odissea soap-operistica, proporranno altri intrighi usciti dalla fertile mente degli scneggiatori.
Infine: quel che non è piaciuto è la poca credibilità di tutto l’apparato della serie. Ci sono alcuni attori nati con la soap opera che non riescono in alcun modo a scrollarsene di dosso il marchio, quasi fosse una lettera scarlatta impressa sulla propria recitazione.