Era l’unico modo per ricordare il centenario dell’affondamento della nave, soprattutto dopo la pellicola “cult” Titanic interpretato da Leonardo Di Caprio e Kate Winslet. Ogni buona intenzione è però naufragata nel gran mare dell’approssimazione recitativa. La prima impressione evidenziava una rivisitazione puntuale degli anni in causa, con dignitosa ricostruzione degli esterni e dei costumi. Insomma l’impalcatura della serie, come quella del transatlantico, appariva perfetta.
Vi si aggiunga che la messa in onda su Rai1 rappresentava il debutto a livello internazionale della fiction. Per cui la stampa di mezzo mondo si era occupata dell’Italia e di Rai1 che la trasmetteva. Poi, le delusioni, somministrate a piccole dosi.
Si inizia proprio con la recitazione: fredda, distaccata, quasi glaciale come i mari in cui il Titanic navigava. Massimo Ghini e Alessandra Mastronardi apparivano quasi imbalsamati nei loro personaggi: Pietro Silvestri e sua figlia Sofia, una famiglia italiana emigrata in Irlanda. Sofia ha anche una sorella minore: il quadretto familiare, a dispetto delle buone intenzioni, diventa la rappresentazione stereotipata degli emigranti in cerca di fortuna. La Mastronardi sembra lontana anni luce da I Cesaroni, la fiction di Canale 5 a cui deve la notorietà. E non ha la credibilità dimostrata ne Le sorelle Fontana e in altre fiction di Viale Mazzini. Sulla professionalità di Ghini non ci sono dubbi, ma la sua interpretazione è molto al di sotto del suo normale standard.
La serie inizia con l’impegno nella costruzione del Titanic di Mark Muir (l’attore Kevion Zegers) un giovane ingegnere specializzato in metallurgia. Continua con l’approfondimento di tutti i problemi lavorativi del tempo: la rivendicazione dei diritti dei lavoratori coinvolti nella realizzazione della imponente nave e la rigida suddivisione tra cattolici e protestanti. Nella costruzione del Titanic sono morte ben 105 persone, operai per lo più stritolati dai meccanismi di lavorazione o caduti da impalcature. Sotto questo punto di vista sembra che non siano trascorsi cento anni. Il richiamo ai tanti incidenti sul lavoro di oggi è chiaro ed evidente.
Alessandra Mastronardi ci tiene a puntualizzare anche un altro aspetto della fiction: le donne non sono assuefatte al proprio destino imposto dai loro padri, ma tentano di costruire la propria vita secondo le aspirazioni e i desideri del cuore. Il mio personaggio, afferma, rifiuta il matrimonio che il padre aveva stabilito per lei, si ribella manifestando un carattere forte.
Si, però, si muove sul set al pari di una marionetta teleguidata e, quasi fosse in una telenovela, recita con poca credibilità. E a noi viene un dubbio: forse neppure gli attori hanno creduto nell’operazione televisiva Titanic, nascita di una leggenda.