Non è colpa del conduttore, ma dei contenuti e della linea data al programma che non riesce a imporsi e a convincere gli spettatori a restare sintonizzati su Rai2. Porro, fin dalla prima puntata, ha cercato di farsi notare nella quasi desertificazione dei palinsesti estivi. Ma lo ha fatto con tecniche obsolete e fin troppo sfruttate. Lungi dal trovare una propria identificazione e uno stile personale, il giornalista ha fatto appello a tutte le modalità strappa-audience. Prima tra tutte, la discussione sopra le righe, il tono alterato della voce, l’apparente sicurezza di gesti e azioni che avrebbero dovuto conferirgli la patente di credibilità. Spesso, addirittura, Porro assume atteggiamenti pseudo- contestatori, rivolge domande apparentemente scomode ai suoi ospiti per imporsi come un padrone di casa super partes attento soltanto alla buona gestione del programma.
Atteggiamento alla Michele Santoro, capello sbarazzino alla Massimo Giletti, Porro compedia questi due modelli di colleghi e, per la struttura del suo programma, si è ispirato anche al genere “Quinta colonna“, il talk show politico condotto da Paolo Del Debbio su Retequattro durante la stagione appena trascorsa. Ha coniugato il populismo alla superiorità intellettuale, ha esibito una consapevolezza professionale che ha bisogno ancora di molta esperienza. Ha usato, nei confronti degli ospiti invitati settimanalmente in studio, una sorta di “bastone e carota”. Metodi aggressivi e altri più accondiscendenti. Porro sembra sempre essere sul punto di fare rivelazioni di incredibile importanza, cerca, con il suo modo di porgere le domande, di apparire imparziale e documentato. Ma la tendenza a parlare con toni di voce elevati nasconde, invece, una insicurezza di fondo. Non sempre i giornalisti della carta stampata riescono a stare anche in tv e svolgere il ruolo del conduttore. Sono due differenti aspetti della professione. E, se il passaggio in tv non riesce, non è assolutamente un demerito, al contrario.
Passiamo, infine, alle dolenti note degli indici di ascolto. Durante la conferenza stampa di presentazione di Virus, il direttore di Rai2 Angelo Teodoli aveva detto che le aspettative sull’audience del talk show si attestavano sul 7,5% di share. Risultato mai stato raggiunto durante le cinque puntate andate in onda. Virus ha esordito con il 6,45% di share, è sceso successivamente di un punto, poi si è riavvicinato al 6%. E nell’ultima puntata andata in onda ha racimolato il 5,88% che tradotto in telespettatori significa 1.093 mila persone sintonizzate sul talk show. Che rimane, purtroppo, il fanalino di coda della seconda rete.
Con queste premesse, prima di inserirlo nei palinsesti autunnali di Rai2, urge una riflessione.