Innanzitutto: che ci fanno due signori di una certa età in un programma per giovani? E questa è la prima incongruenza. Enrico Ruggeri e Marco Berry nel ruolo di conduttori veri e propri hanno cercato di dare al programma un’impronta più accattivante dall’alto della loro professionalità. Con il risultato di trasformare Lucignolo 2.0 in un mix tra Le Iene e Verissimo. I servizi avevano la pretesa di ritmi super veloci con il rischio di creare una confusione difficile da gestire da parte del telespettatore. All’inserimento di tematiche lontane anni luce dai problemi giovanili (la figlia di Vanna Marchi) si è aggiunto uno sfrenato voyeurismo. Ed ecco la ricerca di argomenti pruriginosi come il sesso estremo declinato senza alcuna inibizione con interviste doppie, triple, quadruple, a ragazze e ragazzi: il fantasma de Le Iene aleggiava in tutto il programma. Poi ci si è lanciati sui tatuaggi estremi, con l’intervista ad un ragazzo che aveva effettuato tatuaggi anche negli occhi. Servizi discutibilissimi che evidenziano il disperato bisogno di cercare ascolti in qualsiasi direzione possibile. Poco prima era stata intervistata una diciannovenne con alle spalle una serie incredibile di interventi estetici finalizzati a migliorare il suo fisico a lei non gradito. In una sorta di messaggio positivo, la giovane ha confessato il proprio pentimento: adesso vorrebbe tornare all’aspetto di prima.
Insomma, si ha la netta sensazione che l’universo degli under trenta non sia quello mostrato da Lucignolo che ne ha rincorso e fotografato solo gli aspetti più discutibili. Intanto vediamo se, con l’inserimento di elementi tradizionali, gli ascolti sono lievitati. Nella prima puntata l’Auditel era stato inclemente: il 4,96% di share in prima serata. Nella seconda il risultato è stato di poco maggiore: il 5,27%. Dunque il gran balzo non c’è stato. E, a questo punto, Mario Giordano ideatore del programma deve decidere che fare del contenitore apparso, nella seconda puntata, un ibrido ancor più impressionante e confusionario. Enrico Ruggeri è un personaggio sicuramente affidabile ma si trova nel posto sbagliato ed è un peccato limitarne le potenzialità in un programma lontano anni luce dalle sue corde. Lo stesso vale per Marco Berry.
Se davvero non si riesce a realizzare un prodotto di indagine e riflessione sul mondo dei giovani, è meglio occupare la prima serata di Italia 1 con una serie di importazione statunitense: assicurerebbe maggiori ascolti, visto che l’obiettivo è la corsa all’audience.