Innanzitutto l’ambientazione e la ricostruzione dell’epoca, gli anni ’50, sono subito apparse molto approssimati. La vicenda, infatti, parte da quell’epoca, ricorda l’infanzia della protagonista Pupetta Marico (e non Maresca, il cognome è cambiato nella fiction) e poi racconta come la donna abbia ucciso il presunto mandante dell’omicidio del marito, finendo in carcere per 14 anni.
L’impressione avuta durante la visione era di trovarsi dinanzi ad una telenovela brasiliana, di quelle low cost, in auge negli anni ’80 e ’90 nella quale sono stati immessi elementi di drammaticità esasperata. Evidente anche il tentativo di evocare, proprio nella drammaticità, la sceneggiata napoletana, un genere di grande nobiltà che nulla ha da dividere con la semplicistica sceneggiatura della serie di Canale 5. Inoltre le atmosfere cupe e banali sono lontane anni luce da quelle del grande cinema neorealistico evocato dal regista Oldoisi. Accostamento che davvero non è neppure concepibile.
E arriviamo alla recitazione e al cast. Manuela Arcuri nel ruolo di Pupetta Maresca, purtroppo, non è credibile. Accanto a lei tenta di recitare anche il fratello Sergio Arcuri che oramai prende parte a tutte le fiction in cui è impegnata la sorella. Il giovane e aitante germano ha abbandonato la carriera militare per seguire la sorellina nella più remunerata attività sui set televisivi.
La giovane famiglia Arcuri, insomma, segue le orme di tante altre famiglie della fiction made in Italy. Con l’aggravante, purtroppo, di essere molto distante dalla vera arte della recitazione che, nonostante il trascorerre del tempo e dei set frequentati, non accenna a migliorare. Da segnalare l’unico attore che, per ovvi motivi, riesce a inculcare credibilità negli spettatori: Luigi De Filippo.
Seguendone attentamente la trama e il susseguirsi degli eventi, la storia appare prigioniera di atmosfere irreali, quasi sfumate, con i protagonisti che a volte sembrano apparizioni provenienti da una dimensione paranormale non certo rassicurante. A dare questa sensazione sono soprattutto i volti degli attori, in particolare quello della protagonista.
Più che una fiction televisiva, Pupetta il coraggio e la passione, sembra un fotoromanzo, di quelli che tanto andavano di moda negli anni Cinquanta. Ma il genere aveva una dignità che, purtroppo, non si ritrova nella storia televisiva.
Infine, il dialetto napoletano è completamente storpiato nonostante molti degli attori, tra cui la stessa Arcuri, abbiano preso, a loro dire, lezioni prima di aprir bocca nella fiction. Last, but not list, si ha la sensazione che neppure Mediaset abbia creduto abbastanza nella storia raccontata. Non l’ha curata, non l’ha seguita, quasi fosse stato un prodotto di cui occuparsi, ma in sordina.