{module Pubblicità dentro articolo 2}
Quali sono le novità di questa quarta stagione?
Sono previsti numerosi ospiti e sorprese. Ogni settimana ci sarà una vera e propria festa a tema, il venerdì. Ad esempio, proporremo una puntata dedicata allo sport a cui interverranno molti sportivi noti. Da quest’anno abbiamo introdotto un ascensore più trasparente che fa intravedere la silhouette del candidato.
Con quali motivazioni cercherebbe di convincere il pubblico, che ancora non lo conosce, a seguire “Take Me Out”?
Perché è un programma molto divertente, fresco, nuovo, è Anni ’80, ma del 2017. Se ci pensiamo riprende un po’ il gioco delle coppie, io son cresciuto guardando quella televisione che non ti tradiva né ti vendeva un sentimento che non esisteva. “Take Me Out” è un grande fumettone, non si spaccia per esperimento sociologico, è solo ed eclusivamente intrattenimento. Io non credo nella funzione pedagogica del piccolo schermo, salvo i casi dei documentari o lavori come “Superquark”. Quando senti dire: “questo programma è un esperimento sociologico”, mi permetto di alzar un sopracciglio, certo io non sono nessuno per giudicare, però credo bisogna essere onesti e dire: “guardate questa è una festa e in quanto tale godetevela, giocate con noi da casa, fate le scommesse su chi sceglierà”. Mi è capitato di esser a casa di amici nell’ora in cui va in onda e lo abbiamo guardato insieme divertendoci.
Come è cambiato lei nel corso delle varie edizioni e quale valore aggiunto vi ha apportato?
Cerco di portare me stesso, la mia freschezza insieme all’empatia. Mi è capitato di commuovermi più volte perché so cosa muove alcune donne a mettersi in gioco, conoscendo le loro storie. Magari alcune non si sentono avvenenti, ma “Take Me Out” vuole essere un programma per ragazze vere. Ad esempio c’è stata una ragazza che ha affermato: “è stata l’esperienza più bella della mia vita” non solo perché si è sentita accettata, ma era diventata la nostra mascotte. Qui non c’è la ragazza brutta e quella bella, ci sono le donne. Poi per onestà dico anche che certamente i ragazzi sono un po’ più “fisicati” perché sanno che il primo giudizio su di loro è estetico. Mi è capitato di partecipare ai casting, ma vedendo che un po’ la mia presenza li condizionava, spingendoli a voler fare di più e perdendo un po’ di spontaneità, ho preferito non prendervi più parte in accordo con l’ottima squadra di autori.
Vista la sua schiettezza, cosa pensa dei reality?
Ripeto: se si vuol fare puro entertainment e giocare e far giocare da casa va benissimo. Se si pretende di realizzare esperimenti sociali, allora non ci credo. La prima “Isola dei famosi” l’ho guardata e mi divertivo molto. Per me vince la sincerità anche in questi programmi
Accennava agli Anni Ottanta e lo ha fatto con ammirazione… ha dei punti di riferimento di quel periodo?
Mi hanno chiesto recentemente a un colloquio di lavoro: “tu chi vorresti essere?”. Il mio idolo è Raimondo Vianello e quel mondo lì. “TecheTecheTè” è una fonte di ispirazione consente di riguardare anche Tognazzi, Corrado con quel cinismo sempre molto educato. Luca Bottura (autore di “Cartabianca”) mi ha detto “tu sei vecchio, ma lo dico come complimento” e io davvero mi auguro di essere quel tipo di conduttore. In puntata si vede, non vorrei mai che ci fossero volgarità o insulti, ne soffrirei. I miei punti di riferimento sono Gigi Proietti e Rosario Fiorello. Col primo ho lavorato agli inizi e mi ha insegnato la leggerezza, facendomi capire come fosse il contrario della superficialità. Fiorello trasmesse il rispetto per il pubblico: ad esempio, dire a una persona seduta in prima fila che è grassa sarebbe da persone scadenti perché se fosse tuo padre o tua sorella o fossi tu ci rimarresti male. Detesto, quindi, la maleducazione e la scortesia.
Mi sembra di comprendere che per lei sia molto importante l’onestà d’intenti, oltre ai valori che ha elencato. Qual è il rapporto che ha con la tv da spettatore?
Sembrerà banale dirlo, ma con i miei orari di lavoro non riesco a seguirla con attenzione. Alle 21.15/21.30 sono già a letto, a volte vengono i bambini a darmi la buona notte. Adesso avendo anche Netflix a disposizione posso dire che seguo ancor più le serie, soprattutto quelle americane.
Lei ha cominciato dall’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico…
Sì da cui sono stato espulso. C’è una ragazza che ha fatto il concorso per entrarvi e mi ha detto: “sei una leggenda” perché la gente non crede che qualcuno possa esser stato espulso. Avevo diciotto anni, ero uno di quelli che diceva: “facciamo la rivoluzione”. Quando c’è stata questa quella decisione “sono morto” anche perché provengo da una famiglia che non è legata a questo ambiente, mio padre è un ex operaio che ha studiato per diventare ingegnere, mia madre insegnante di matematica, per cui quando ero entrato in Accademia sia loro che io eravamo contenti.
Non le manca il teatro?
Da morire. Il mio sogno è mettere in scena un musical, vorrei fare i Blues Brothers con Pupo, sarebbe una “bomba”. Il teatro, tenendo conto anche di prove e tournée, richiede molto impegno anche di tempo e tra radio e tv non riesco a gestirlo seriamente come vorrei.
Salutiamo i nostri lettori annunciando i prossimi progetti…
Ho la fortuna di scegliere i programmi che faccio, realizzando trasmissioni anche apparentemente lontane tra di loro – vedi Cartabianca. Stiamo lavorando alla prossima stagione di “Take me out”, riprendo col Trio Medusa il programma su Radio Deejay dalle 7 alle 9 e sto trattando per quanto riguarda altri lavori.