L’adventure reality, ad eccezione delle location che si alternano, ha lo stesso schema di sempre. Sembra di assistere a scene déjà vu. Cambiano i partecipanti, mutano i luoghi dove si svolge il viaggio, ma il filo rosso che unisce Pechino Express, dalla prima edizione fino all’attuale, è sempre il medesimo: la ricerca del passaggio in macchina e dell’alloggio dove trascorrere la notte.
Dopo sei edizioni il telespettatore non ne può più di vedere Vip che fanno l’autostop e, in un inglese stentato, cercano di commuovere gli abitanti locali.
Quest’anno il viaggio si svolge in Africa e la produzione ha tenuto a sottolineare la maggiore disponibilità della gente locale verso gli stranieri. Un elemento che già avevamo visto e ampiamente commentato nelle edizioni passate.
Pechino Express ha esaurito la sua linfa vitale. Tenerlo in vita non giova al nuovo trend che si è imposta Rai 2: puntare su una divulgazione più informativa e approfondita.
Come sempre a fare la differenza e ad interessare i telespettatori è il montaggio che funziona al di là delle edizioni che si susseguono monotone e obsolete.
A salvare anche il viaggio in Africa sono i primi piani dei paesaggi davvero splendidi e spettacolari, le immagini rurali della vita dei borghi dove sono giunti i concorrenti. Quest’anno si è notato come la regia abbia puntato soprattutto sui bambini. I giochi rudimentali con i quali si divertivano non possono passare inosservati e rappresentano un vero segnale della differenza tra l’occidente “tecnologizzato” e l’Africa ancora arretrata.
Ci ha colpito in particolare un bambino che da solo, in spazi molto ampi, guidava un triciclo che, agli occhi dei bimbi di oggi, deve essere sembrato un aggeggio archeologico.
Se un messaggio è contenuto nell’edizione di quest’anno di Pechino Express non può essere che il seguente: mostrare il divario esistente tra l’opulenza dell’occidente e la povertà del terzo mondo. Una povertà che dovrebbe spingere ad una riflessione ma che, purtroppo, si perde nelle pieghe delle solite prove e dei consueti gesti dei partecipanti tra cui proprio la ricerca dell’alloggio per la notte. Alcuni viaggiatori, tra l’altro, hanno esplicitamente sottolineato che, se qualcuno avesse chiesto loro un posto per dormire, non lo avrebbero mai concesso.
Anche Costantino della Gherardesca, il conduttore da oramai sei edizioni, non si distacca dal solito cliché. La sua ironia, il suo sense of humor, appaiono oramai scontati e déjà vu. Ci sarebbe bisogno di reinventare il ruolo del conduttore di Pechino Express e in generale tutto il format del reality adventure.
Un’ultima osservazione sul cast: ogni anno si cerca di riproporre gli stessi modelli delle coppie del passato, quasi si avesse timore di presentare personaggi nuovi.
Mi si permetta una domanda semplice, semplice: dove sta lo spettacolo? Ciao.