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L’esordio di King & Maxwell è stato sufficiente per far capire le ragioni che hanno spinto il canale televisivo statunitense TNT, sul quale è andata in onda la prima stagione, a non commissionarne una seconda. Il racconto è basato su due detective che decidono di lavorare insieme dopo essere stati ambedue agenti segreti ed essere stati licenziati. Un cliché molto battuto dalla lunga serialità made in USA che non ha aggiunto nessun ingrediente nuovo alla solita liturgia della sceneggiatura.
I due protagonisti sono di bell’aspetto, giovani, professionalmente preparati, atletici, in grado di stupire per la velocità e l’intuito con cui affrontano le situazioni più pericolose. I loro nomi sono Sean King e Michelle Maxwell. E il titolo della serie riprende i loro cognomi. Tutto scontato, dunque, compresa la sottile attrazione reciproca tra i due, l’ironia insita nei dialoghi e la pretenziosa superiorità con cui vogliono imporsi per dimostrare le capacità con cui seguono le indagini e risolvono casi. Insomma belli e impossibili, in tutto ma non nella professione di detective.
E’ questa ripetizione dei canoni standard a cui il pubblico si è abituato, a non suscitare curiosità: tutto appare scontato, già scritto e ripetuto troppe volte. Capita che ci si possa stancare. Ecco i motivi per i quali King & Maxwell non ha l’appeal delle grandi serie d’oltre oceano.
Discorso differente per Beauty and the beast che va in onda, sempre du Rai2, immediatamente dopo. Qui l’elemento straordinario è la “bestialità” di Vincent Keller (Jay Ryan) quel suo non appartenere più alla razza umana a causa di esperimenti genetici. La storia ha saputo coniugare il fascino della favola “La bella e la bestia” con la modernità. Se nella fiaba il principe diventava bestia per l’incantesimo di una fata malvagia, nella serie Vincent, soldato che prestava la sua opera in Afghanistan, sottoposto a un esperimento genetico per creare il prototipo di supersoldato, ha subito conseguenze degne di un incantesimo: in particolari momenti di stress l’adrenalina innesca nel suo corpo una trasformazione a livello fisico, moltiplicando in lui forza e sensi e trasformandolo in una bestia furiosa.
Su questo elemento fondamentale si basa la storia raccontata: ovviamente “la bella” non è una principessa ma una detective, Catherine Chandler che si innamora della sua “belva umana”. Insomma potrebbe apparire la rivisitazione della favola in tempi moderni con un occhio attento alle tematiche della guerra in Afghanistan che, negli USA è un argomento molto sentito.
Il prodotto è destinato ad un pubblico giovane abituato a mescolare, nella serialità, elementi paranormali a storie comuni.