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Gigi Proietti veste come sempre i panni del commissario Bruno Palmieri, alle prese con omicidi irrisolti, condanne ingiuste, vendette e amori proibiti, ma anche con i casi irrisolti della sua vita che chiedono a gran voce di essere chiusi, una volta per tutte. Carlotta, la figlia, è Marzia, stagista.
Carlotta, com’è recitare accanto a papà?
A dir la verità io interagisco molto poco con lui, dal momento che interpreto un personaggio secondario. Le uniche interazioni con Bruno sono da stagista.
Il ricordo del primo ciak insieme…
È stato davvero divertente. Anzi, a dir la verità un vero disastro. Era la prima volta che mi rivolgevo a lui con un nome diverso. “Cosa ci fai qui, Bruno?”, gli ho detto. E giù risate a non finire. Non riuscivamo a smettere. Io e papà non resistiamo alle papere!
Quanto ti piace stare sul set, e quanto invece sei attratta dal teatro o dalla musica?
Ho pochissima esperienza sul set televisivo, assolutamente nulla su quello cinematografico, ma posso dire con certezza che questa troupe di Una pallottola nel cuore è davvero fantastica; sul set si respira un’ottima aria. Mi piace molto. Tutte le volte mi trovo a dire “quanto sono diversi teatro e tv”: ogni sera, a teatro, è una cosa diversa anche se fai sempre la stessa cosa, mentre in tv fai, riprendi la scena e lì resta. Comunque per queste considerazioni mi baso su un’esperienza poverella dietro la cinepresa. Se mai interpreterò un ruolo importante, allora potrò analizzare meglio la situazione, alla luce di un’esperienza più significativa.
Insomma… per ora teatro batte tv…
La mia vita, in effetti, è il teatro. Il palco mi attrae, anche se non mi passerà mai la strizza del palcoscenico. Sono emotiva e devo imparare a convivere con questo stato d’animo. Comunque sia sono molto più abituata al teatro, anche per via della mia musica, che mi porta a esibirmi sul palco davanti a tanta gente. Io sono più abituata alla dimensione teatrale, mi appartiene e mi diverte di più. Ci sono cresciuta.
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Credi che il lavoro di papà ti abbia in qualche modo condizionata nella scelta della tua strada professionale?
Da piccola vedevo che mio padre faceva un gioco bellissimo (per me il suo non era un mestiere, ma un gioco e mi divertiva un sacco). Dove lavorava era per me un parco giochi bellissimo per cui dicevo sempre di voler fare quello che faceva papà. Poi però, con il tempo, ho scelto seguendo la mia predisposizione naturale.
Sei in effetti un’artista a 360 gradi…
Sono cantautrice, attrice teatrale e un pochino anche televisiva. Ho sempre inseguito l’arte, che fa parte di me.
D’altra parte sei figlia d’arte… è stato ed è pesante portare il cognome Proietti?
No, non è mai stato pesante né tantomeno ingombrante. Ho invece una enorme responsabilità per il cognome che porto e per il rispetto nei confronti della carriera di papà. Più che altro è stato a tratti faticoso per via del pregiudizio. Ma non biasimo nessuno, perché sono io la prima a voler vedere se il figlio d’arte sa fare davvero bene il suo mestiere. Certamente il paragone con i genitori famosi non è mai simpatico. Se non sei capace ti senti dire “ovvio, con un genitore così”; se sei bravo la suonata non cambia. A un certo punto devi prendere una decisione con te stesso e capire davvero quale sia la tua vera strada, a prescindere dai commenti degli altri.
E tu hai scelto l’arte…
Io ho scelto la mia strada, senza pressioni né raccomandazioni. Mio padre non mi raccomanderebbe nemmeno sotto tortura. Ma va bene così. Io ho scelto liberamente e liberamente devo percorrere la mia strada. Tra l’altro io sono iper-esigente sulla professione.
Il più grande insegnamento di papà?
Sicuramente papà mi ha trasmesso la passione e il rispetto per il lavoro. Lui d’altra parte è sempre stato un tutt’uno con il suo lavoro, che ti ingloba. Forse suo malgrado, dunque, mi ha insegnato il rigore e l’umiltà.