La serie è capace di mutare pelle a seconda della storia narrata, ma ci sono degli stilemi autoriali assolutamente riconoscibili, come la volontà di ambientare racconti carichi di assurdità in un ambiente quasi asettico come quello del Minnesota, eventi che si susseguono per portarci ad una escalation implacabile di follia.
Noah Hawley, il creatore della serie, ha un talento naturale nella scrittura di personaggi sopra le righe. Le sue atmosfere, seppur lontanamente, possono ricondurre ad uno Stanley Kubrik televisivo, dove i personaggi si lasciano trasportare dall’assurdità di un mondo in perpetuo declino morale, convinti di essere guidati dal destino ma in realtà completa e paradossale balia del caso. Questa terza stagione si è rivelata, come le due precedenti, un gioiello della televisione moderna.
Si aggiungono due elementi nuovi al black humour della prima stagione e al paranormale quasi mistico e spirituale unito al noir poliziesco della seconda: la completa ambiguità fra il bene ed il male e la critica sociale, che assume un ruolo molto importante.
La terza stagione copre un arco di almeno 6 anni, partendo dall’inverno del 2010, arrivando a metà stagione ai primi mesi del 2011 per poi arrivare alla fine nel 2016-2017. Il periodo che si vive è quello post-2010, ovvero la crisi economica globale, l’era post-ideologica, la globalizzazione tecnologica ed il pensiero pessimistico che ormai ci accompagna da anni. La maggior parte di questi nuovi “ideali” vengono rappresentati in Varga, il nuovo villain della stagione interpretato da David Thewlis (il professor Lupin di Harry Potter). Varga rappresenta il male moderno del mondo, è un capitalista cinico e pronto a tutto pur di guadagnare soldi, è freddo, spietato e calcolatore, amante della logica e delle massime filosofiche.
Tutto il resto del cast è degno di nota. Come accade nei film dei fratelli Coen, ogni personaggio, anche quello più marginale, è sempre importante ai fini della storia. Ewan McGregor , per sua stessa ammissione, interpreta il ruolo più complicato della sua carriera: due gemelli completamente diversi, due personaggi pieni di rimorsi, sbagli, e di obiettivi da raggiungere a qualsiasi costo.
A qualcuno potrà sembrare fin da subito che Emmit sia il protagonista buono della stagione, un po’ come è stato Lester Nygaard. In realtà, in questa terza stagione nessuno è buono o cattivo, o almeno riconosciamo solo due buoni: Gloria Burgle e Winnie Lopez, le due agenti di polizia che dovranno fare luce sugli omicidi avvenuti durante la stagione, e scovare i complotti dietro la Stussy Lots. L’ambiguità, o meglio il dualismo fra bene e male è sempre presente all’interno della stagione, tanto che alla fine si arriverà a due soluzioni del caso (sebbene diverse ed in qualche mondo non collegate) che sembreranno entrambe veritiere, due soluzioni che, seppur molto lontane l’una dall’altra, sono comunque giuste. In Fargo, tutto è in continua trasformazione, al punto di non riconoscere più né il bene né il male.
Anche la regia segue una logica diversa dalla stagione precedente, più frenetica, ma curata in ogni dettaglio. Il montaggio ci dà modo di seguire tutto e tutti, unendo lentamente tutti i fili di trama che all’interno di ogni episodio hanno una loro logica, per poi ricongiungersi alla fine. La sceneggiatura costruisce perfettamente la storia, grazie anche a dialoghi ben strutturati, intrecci ben gestiti e dell’ottimo black humour. La colonna sonora merita un giudizio a parte, un felice incontro tra musica classica e jazz.
Menzione a parte merita Wise, personaggio che traccia la linea spirituale della stagione. Per concludere, si può dire che la terza stagione di Fargo rappresenta al meglio un’attualità fatta di pessimismo, cinismo, disillusione, perdita di valori e mostra una forte critica alla globalizzazione economica e tecnologica. Un capolavoro TV da non perdere
Appuntamento su Rai 4, dal 28 febbraio h. 23:05.