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Noi vi avevamo già anticipato i contenuti del programma.
Questa sera il tema è “l’avversario interiore” ed è il filo conduttore di un lungo excursus affidato alla voce di Alex Zanardi.
Si parte da un paesino dell’Oregon e si arriva alle Olimpiadi di Città del Messico del 1968. Dick Fosbury, ex atleta statunitense olimpionico nel salto in alto, si racconta alle telecamere di Sfide e di lui parlano anche Sara Simeoni, indimenticata campionessa italiana del salto in alto e Giacomo Crosa, rivale dell’americano in quella finale messicana.
Viene poi raccontata la storia delle fiorettiste italiane di Londra 2012: amiche, nemiche, compagne, rivali. A parlare sono Valentina Vezzali, Arianna Errigo ed Elisa Di Francisca.
L’avversario interiore è il tema delle storie di Edwin Moses, campione che doveva correre solo contro se stesso perché aveva sbaragliato tutti gli avversari, della rivalità tra José Marie Perec e Cathy Freeman a Sydney 2000, e del duello tra Roberto Di Donna e Yifu Wang nella pistola da 10 metri ad Atlanta 1996: una sfida all’ultimo colpo sul filo dei nervi che Di Donna ricorda istante per istante fino alla conquista dell’oro.
Con la prima puntata olimpica, Sfide comincia la marcia di avvicinamento a Rio 2016, con le storie degli atleti dell’Italia Team che ci rappresenteranno in Brasile.
Il primo è il saltatore in alto Gianmarco Tamberi.
Tutte le altre puntate avranno questo filo conduttore.
Nei successivi appuntamenti, ad esempio, sarà raccontato anche il nostro Pietro Mennea secondo il quale “La fatica non è mai sprecata: soffri ma sogni”. Il velocista pugliese, al quale è stata dedicata una miniserie andata in onda lo scorso anno su Rai1, è l’emblema del sacrificio e del sogno che si avvera. Zanardi ripropone una vecchia intervista rilasciata da Mennea a Sfide in cui l’atleta di Barletta svela quanto sacrificio e fatica è costato il raggiungimento degli straordinari risultati ottenuti.
Spazio naturalmente anche alla bandiera della ginnastica italiana nel mondo, Yuri Chechi, svela la il significato di una medaglia olimpica arrivata dopo aver superato il dolore atroce di un infortunio che poteva mettere fine alla sua carriera.
Giuseppe Gentile, medaglia di bronzo nel salto triplo a Città del Messico nel 1968 rappresenta ancora il grande sacrificio che fa avverare il sogno. A Sfide racconta l’emozione di quella gara che lo portò a battere due volte il record del mondo, cosa che comunque non fu sufficiente a regalargli l’oro.