Il padre, preoccupato, allo psicanalista: -dottore mio figlio non ha ancora capito il senso della vita-. -Non si preoccupi, non lo hanno ancora tradotto-.
Lo studente non vedeva l’ora di passare alla Storia: andava male in tutte le altre materie.
Nettuno al figlio Polifemo dopo la fuga di Ulisse. – E smettila di frignare, non sai che quando uno è raccomandato dagli Dei bisogna sempre chiudere un occhio?-
La madre, a proposito della figlia: – A sedici anni rifiutò di posare nuda. L’ha fatto a trenta, con seno del poi -.
La rappresentazione della famiglia, nella fiction di casa nostra, è quasi sempre avulsa dalla realtà. Il racconto televisivo difficilmente riesce ad inquadrare e documentare, in modo credibile, le problematiche che coinvolgono genitori e figli. Gli sceneggiatori puntano su tematiche foriere di grandi ascolti, sacrificando spesso, l’aderenza alla realtà, per sollecitare la curiosità e la fidelizzazione dei fan. In quest’ottica il ruolo del padre e della madre nell’ambito familiare o plurifamiliare, acquista una valenza televisiva lontana da ogni credibile dialettica generazionale.
Da tempo le serie tv made in Italy stravolgono persino la famiglia allargata, ultima conquista delle sceneggiature finalizzate a raccontare i mutamenti della società. E’ la conseguenza della “volubilità” degli attori che, per le proprie esigenze professionali, ottengono dalle case di produzione di uscire dai personaggi da loro interpretati, salvo poi, rientrarvi, creando situazioni difficilmente ricucibili con espedienti narrativi. Alcuni esempi di lunga serialità, in proposito, sono: I Cesaroni, Un medico in famiglia e, per certi aspetti, Tutti pazzi per amore. La dimensione familiare de I Cesaroni è tale che, il ruolo della madre e del padre nella famiglia allargata, passa in secondo piano rispetto a quello dei personaggi costretti a mettersi insieme o a lasciarsi a secondo degli impegni e della volubilità degli attori che li rappresentano. Elena Sofia Ricci, ad esempio, è già scomparsa dalla serie per una stagione, poi ha deciso di rientrare e adesso si prepara a scomparire di nuovo. Conseguenza: Lucia, il suo personaggio, appare una madre spesso poco attenta e gli sceneggiatori sono costretti a inventare nuove situazioni anche sentimentali intorno a lei e al suo compagno di fiction Claudio Amendola (Giulio Cesaroni). Così, quasi per “redimersi” da frivolezza e superficialità, eccola calarsi nel ruolo positivo di una madre “spirituale”, Suor Angela in un’altra lunga serie: Che Dio ci aiuti.
A proposito di Roberto Giacobbo, Nostradamuss scriveva: riuscirà a portare l’ultima mosca cieca dall’oculista e a restituirle la vista per farla assistere alla diretta da lui condotta sulla prossima fine del mondo
In un’intervista alla rivista scientifica Science, la madre ha detto: a cinque anni Roberto era già a suo agio tra gli spettri del visibile e dell’invisibile. Cresciuto tra misteri e profezie occulte, al solo vederlo, i compagni di scuola fuggivano via terrorizzati al grido di “Ragazzi, c’è Voyager”.
Cercare sul web news sul paranormale, significa addentrarsi in una giungla di siti che propongono infinite esperienze e fatti singolari, quasi sempre affidati alle sole testimonianze degli interessati. Ho scelto, per tutti coloro che non mostrano scetticismo verso l’argomento il sito
Mentre chi davvero non accetta nessuna argomentazione al di fuori della razionalità, può dare uno sguardo a
Il Cicap è il Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale la cui attività, spesso, è stata messa anche in discussione.
Infine ho trovato questo link che vi suggerisco nel quale c’è anche un commento di Aldo Grasso (critico tv del Corriere della Sera) sulla cultura televisiva di Piero Angela. Continuando vi troverete riflessioni su “l’illusione degli illusionisti” e altro
http://www.gustavorol.org/pierino…htm
Del doman non v’è certezza, affermava Lorenzo De’ Medici circa sei secoli fa. Fragile ancora oggi, la certezza nel domani non è stata consolidata dal progresso scientifico e tecnologico, nè dalla speranza di una politica finalizzata alla concreta soluzione dei problemi. Le conquiste dell’ingegno umano, al contrario, hanno generato un crollo di quella che un tempo, dagli illuministi veniva definita “la Dea Ragione“, La conseguenza è sotto gli occhi di tutti: la razionalità appare la grande sconfitta di questo particolare momento storico. Una tendenza che si riflette anche nella programmazione televisiva e ne influenza i palinsesti. Perchè i telespettatori, scettici sul potere della ragione, privi di valori di riferimento, psicologicamente fragili, cercano nel piccolo schermo un rifugio alle incertezze di un futuro precario.
Rifugio che, in tempi di crisi profonda, non trovano neppure nella fiction sempre più avara dell’ex rassicurante happy end. Persino le battute dei comici, che proliferano da un’emittente all’altra, si rivelano inefficaci a raccontare, seppure in chiave umoristica, i disagi sociali. Ne è un esempio l’ultima edizione di Zelig crollata negli ascolti per manifesta incapacità comunicativa e debolezza di contenuti. Mentre i mass media assillano con la gran mole di problematiche irrisolte, mentre crolla la certezza di una dimensione umana più dignitosa, mentre i giovani avvertono incertezze e mancanza di prospettive, si moltiplicano programmi e talk show che offrono come rifugio un universo alternativo. In che modo? evadendo dal reale e proiettandosi in una dimensione paranormale.
Il fenomeno è datato nel tempo. Persino nel suo Maurizio Costanzo show, il padrone di casa invitava presunte maghe e personaggi particolari, come la sensitiva e medium Rosemary Altea, convinta di vedere intorno alle persone i parenti defunti e di interagire con presunti spiriti guida ma che, per una strana coincidenza, sbarcava in Italia ogni volta che aveva un suo libro da pubblicizzare. La signora si affezionò al nostro paese nel corso degli anni, passando di salotto in salotto in ognuno dei quali le persone che avevano avuto gravi lutti e perso persone care, facevano a gara per essere ammesse. Prima ancora si ricorderà il presunto mago di Arcella, presenza folkloristica in vari appuntamenti tv, compresi quelli legati ai Festival di Sanremo, nei quali i suoi pronostici sui vincitori venivano puntualmente disattesi. In passate edizioni di Domenica in, la conduttrice Mara Venier accreditò Giucas Casella come presunto mago capace di ipnotizzare e influenzare in studio persone e animali, galline comprese. Sono diventate”cult” alcune sue frasi tra cui “Quando te lo dico io” con cui impartiva ordini alle sue “cavie”. Vesti eccentriche e mirabolanti, da pastore di una chiesa fantastica e improbabile, sono quelle indossate da un altro personaggio, “originale” a tutti i costi. E’ il presunto Divino Otelma che ama pontificare con dita piene di anelli chiamando a raccolta le “amate pecorelle” e dispensando “benedizioni” non richieste. “Non è vero ma ci credo”, sosteneva il celebre Peppino De Filippo. Così, tra atteggiamenti da super eroe, con la convinzione di essere in grado di leggere il futuro con i suoi vaticini astrologici, il “Divino” intasca consistenti cachet giocando sulla credulità dei telespettatori e radioascoltatori, molti dei quali, fortunatamente, sembrano non prenderlo molto sul serio. Intanto al personaggio si concedono comportamenti da vero oracolo in salotti come Domenica live. Ma la pacchiana “grandeur” di periferia del personaggio, che ama parlare col “pluralis maiestatis”, si infrange contro la non enciclopedica cultura evidenziata durante la permanenza, lo scorso anno, sull‘Isola dei famosi.
Da due racconti di E.A. Poe:
-Il vento soffiava impetuoso, la bufera imperversava. Dirsi addio diventò difficile. Fu un addiaccio.
-Fuori dalla finestra un lampo. William lo guardò terrorizzato. Era il suo lampo di genio.
Da un romanzo di Fleming:
-In mezz’ora scampò a pericoli di ogni tipo: fu un cocktail di scampi.
Da un notiziario di guerra.
-Il nano al plotone d’esecuzione: “mi raccomando, sparate ad altezza d’uomo”
L’invasione della cronaca nera nei palinsesti tv ha trovato spazio anche su panorama.it
Televisione: Tutti i colori della cronaca nera
Anche nello sport la nera, spesso è padrona assoluta.
Da Pistoruis a OJ Simpson, sangue e sport
Questo è il parere di Aldo Grasso sulla troppa cronaca nera in tv
“La tv? E’ nata con la missione di educare, informare, istruire, avvicinare la cultura al pubblico”. Parole di Ettore Bernabei, potentissimo direttore generale della Rai negli anni ’60. Intento nobile che la corsa all’Auditel ha svuotato di ogni significato. Al punto da trasformare i palinsesti televisivi in un palcoscenico dell’orrore perennemente allestito, grazie alla cronaca nera che, prima in maniera silenziosa, poi con modalità sempre più invasive, ha fatto leva sulla macabra curiosità insita nell’inconscio individuale. Su questi presupposti si basa la metamorfosi, in atto da anni, dei programmi televisivi dominati da un unico elemento caratterizzante: la cronaca nera che presto, ha rotto gli argini settimanali, invadendo anche le trasmissioni domenicali.
La “blood Sunday” divenuta consuetudine, ha mandato in pensione intrattenimento e varietà. Ci si appassiona al genere dark più che alle gambe delle ballerine, si sceglie la spettacolarizzazione del delitto e non le grazie delle classiche pin-up. Psicologi e critici, da tempo, stanno cercando di trovare una possibile spiegazione al fenomeno. Alcuni ipotizzano persino un inconsapevole legame con il mondo favolisitico dell’infanzia, e con la rappresentazione della morte violenta. Streghe, orchi, entità malvage, protagonisti negativi, nel racconto fiabesco, vengono puniti quasi sempre con la morte. Teste mozzate, coltelli infilati nella pancia (il lupo cattivo di Cappuccetto Rosso) lasciano il segno nell’inconscio del futuro telespettatore che rivedrà analoghe scene di morte, nelle ricostruzioni dei veri fatti di sangue proposti in tv. Con una differenza fondamentale: in tv non c’è nulla di immaginario e a morire, sono persone reali.
Lenta, inarrestabile, prosegue la metamorfosi del reality show in un anno nel quale sono assenti dai palinsesti i due principali rappresentanti del settore: Il Grande Fratello per la tv commerciale e L’isola dei famosi per la tv pubblica. Per conquistare nuovi consensi, il genere è stato costretto a mutar pelle, abbandonando quella spettacolare per calarsi, persino, nella realtà quotidiana. Dal “reality universale”, nato con le prime edizioni del Big Brother con tutte le implicazioni sociologiche e televisive, si è arrivati al “reality particolare” attraverso una serie di continue metamorfosi. Nel senso che il reality non è più uno show a sè stante,ovvero uno spettacolo derivante dal diverso modo di interagire di un gruppo di concorrenti che vivono determinate situazioni. Ma si è suddiviso in un insieme di altri generi derivanti da un’unica matrice, con il coinvolgimento di persone comuni calate nelle più svariate realtà: dal mondo del business a quello gastronomico.
La necessità di risorgere dalle proprie ceneri per adeguarsi alla mutazione dei tempi, ha dato vita a varie derivazioni agganciate alla quotidianeità, alcune persino finalizzate ad affrontare la crisi economica. Il reality, insomma, si è “parcellizzato” ed ha cercato una propria utilità nella realtà sociale e nell’ambito familiare. In questo processo è stato aiutato dal proliferare dei canali digitali, in un’Italia oramai completamente digitalizzata dal punto di vista televisivo.
Sono, infatti, canali come Cielo e Real Time, a declinare il reality in maniera più empirica. Real Time, in particolare, nata solo nel 2010, è riuscita a ritagliarsi una propria identità, grazie a programmmi “factual” pensati per aiutare le famiglie a fare i conti con la crisi economica. Il factual, in effetti, è l’evoluzione nazional-popolare del reality di prima generazione. Come si legge nel dizionario: “il factual è un programma informativo basato su una sceneggiatura che ricostruisce, in forma più o meno romanzata, fatti realmente accaduti”. Proprio in questo senso è uno dei discendenti più moderni del vecchio reality show,
Eè stato soprattutto Real Time ad avvicinare alla “factual tv” la generazione under venti che un tempo si identificava esclusivamente nei modelli del Grande Fratello. La Iphone generation ha trasformato, in veri e propri cult, programmi del tipo “Ma come ti vesti” e “Shopping night” accreditandoli, nell’intera programmazione, come un punto di riferimento per le esigenze comuni. Ma la fisosofia della rete, attenta alla quotidianeità, ha conquistato anche altri target di pubblico con la molteplicità delle proprie offerte.