Un esperimento sociologico destinato a durare un solo anno che, invece, è stato sfruttato indecorosamente fino ad annoiare i telespettatori e allontanarli dal piccolo schermo. E’ la storia, in breve, di 13 anni di Grande Fratello, l’evento dell’anno 2000, quando esordì su Canale5 tra incertezze e timori manifestate anche dai vertici della rete.
Sapevamo che qualcosa, in tv, sarebbe irrimediabilmente cambiato. Il GF segnò l’esplosione del voyeurismo che in passato mai si era manifestato a quei livelli: il pudore veniva totalmente sconfitto dalla presenza di riflettori e telecamere che seguivano dieci persone comuni chiuse in un appartamento. Una promiscuità con l’obiettivo di provocare reazioni e coinvolgimenti tra i “reclusi”che, al momento, erano difficilmente prevedibili. Le calze nere, imposte alle gemelle Kessler quarant’anni prima per coprire le gambe, sembravano appartenere all’epoca della preistoria televisiva se confrontate con le nudità ostentate dalle inquiline della casa di Cinecittà in ogni ora della giornata e soprattutto sotto da doccia. Consuetudine che raggiunse, con Cristina Del Basso e le opulenze del suo décoletté, il trash più dirompente. Era il 2009 e la super-maggiorata aveva fatto il suo ingresso nella casa.
Per il giornalista che segue il festival di Sanremo, la sala stampa è una sorta di luogo “cult”. Ognuno ha il proprio posto assegnato dal solerte Ufficio Stampa Rai che resta di sua “proprietà” per tutta la durata della manifestazione. La sala stampa è il luogo dove si svolgono le conferenze dell’organizzazione e degli artisti, dove ci si ritrova tra “colleghi” ogni anno secondo un rituale che si ripete sempre uguale. Ma oltre questa valenza, la sala stampa non offre altri spunti. Se si va alla ricerca di “scoop” di notizie esclusive, bisogna uscire dal tempio giornalistico e andare dove, invece, c’è il cuore pulsante del Festival: tra i protagonisti, tra la gente, ma soprattutto bisogna avere un punto di riferimento sanremese, una gola profonda, una talpa che possa sussurrare quello che al alta voce non si può dire.
La grande bellezza ammantata di malinconia, di dejà vu, di sterili e inutili ripetizioni. La grande bellezza di Paolo Sorrentino che qualcuno, troppo maldestramente, ha cercato di evocare su un palcoscenico dove non si è visto niente di nuovo. Un palcoscenico contaminato e offeso da una serialità brutta e da un linguaggio spesso irrispettoso. La professionalità degli anni baudiani, il grembiule casalingo di Antonella Clerici, gli atteggiamenti adolescenziali del quasi settantenne Gianni Morandi, l’affabulazione di stampo bonolisiano, tutto si è infranto dinanzi alla soporifera e irritante riproposizione di vecchi schemi all’insegna di una volgarità spesso gratuita.
Sanremo è il perfetto trionfo del nazional popolare è il tempio al quale, ogni anno, si va in pellegrinaggio per cercare le origini e le radici di oltre 60 anni di musica italiana. Sanremo è il trionfo del kitch che si ama ma si disprezza in pubblico. E’ il trionfo dei vizi privati (canzoni magari brutte e raffazzonate all’ultimo minuto) e delle pubbliche virtù ( spesso inesistenti). Sul palcoscenico del teatro Ariston sono passate generazioni di artisti che hanno commosso, divertito, appassionato, deluso, suscitato curiosità. Sanremo è la “divinità” che ogni anno pretende una sua venerazione. E’ l’ultima spiaggia dove approdano le polemiche per poi morire lentamente man mano che trascorrono i giorni e la kermesse viene archiviata, in attesa di tornare l’anno successivo.
L’opinione del sacerdote è sempre molto ricercata, soprattutto su fatti di cronaca con risvolti etici e morali. Inizia allora la corsa all’intervista al religioso, spesso all’alto prelato, per raccogliere la sua opinione su tematiche di attualità. Quasi sempre i religiosi sono disponibili, felici di poter fornire un contributo al dibattito in corso. Contrariamente agli altri personaggi, il sacerdote non fa domande su chi è il suo interlocutore. Per cui l’intervista scivola quasi sempre sui binari della cordialità e della comprensione reciproca.
Ho conosciuto anche per lavoro, molti religiosi, da Don Antonio Mazzi a Suor Paola, la suora che tifava per la Lazio spesso ospite di Quelli che il calcio. Tutti hanno sempre sottolineato l’importanza che per loro ha la corretta comunicazione, tutti cercano di arrivare in maniera corretta al giovani. In particolare Monsignor Ersilio Tonini anche quando, negli ultimi tempi, non era più sorretto da buone condizioni fisiche
L’affollamento dei preti in tv ha sempre interessato i mass media. Vi proponiamo questo articolo che affronta la presenza dei religiosi sul piccolo schermo anche nelle tv straniere
E’ vero che la tv dà spazio solo ai sacerdoti allineati con la cultura dominante? Scopritelo qui
Il quotidiano Avvenire così si esprime a proposito di Don Matteo
Siedono nei salotti televisivi quando si affrontano tematiche di ordine morale, sociale e religioso. Esprimono la propria opinione e quella della Chiesa di cui sono i rappresentanti. Cercano di portare una parola di buon senso dove di parole si fa spesso un uso smodato e sconsiderato. Tentano di essere un esempio di rigore etico in un universo televisivo dove, questi termini, sono superati da tempo. Sono i preti veri la cui popolarità è, indubbiamente, inferiore a quella dei “confratelli” che, da attori, indossano la tonaca per fiction.
Sembra che l’abito talare in tv abbia molto più appeal se a indossarlo sono i preti che recitano nella lunga serialità. Figure delle quali il piccolo schermo non riesce a fare a meno. Cominciamo col dire che non sempre si tratta di personaggi rassicuranti come il notissimo Don Matteo, il prete in bicicletta. Spesso gli sceneggiatori indulgono maggiormente verso l’aspetto umano dei religiosi, li fanno apparire molto più legati alla dimensione terrena che a quella spirituale, al corpo più che all’anima.
Ci siamo oramai abituati a Gigi Marzullo e ai suoi programmi notturni. Ma chi è davvero Marzullo?
E’ un uomo che veniva dal Mattino (di Napoli), nonostante comparisse solo a notte fonda. Lui, caposaldo del clan televisivo degli avellinesi, si è materializzato per la prima volta su Raiuno a mezzanotte e dintorni, come le streghe originarie del territorio di provenienza. Colpa delle gemelle Kessler che, all’epoca della sua giovinezza gli fecero credere che “la notte è piccola, troppo piccolina”. Ha messo a frutto la sua laurea in Medicina e Chirurgia operando sul cervello dei suoi ospiti notturni e anestetizzandoli con la frase al cloroformio Si faccia una domanda e si dia una risposta. Divenne l’uomo che rispondeva a se stesso facendosi una domanda ma restando poi, muto.
L’importanza della tv nell’ambito familiare è riconosciuta dalla Chiesa. Questo documento del 1994, è il messaggio di Papa Giovanni Paolo II nel quale si annuncia che il tema della 28esima giornata mondiale delle comunicazioni sociali sarebbe stato proprio “televisione e famiglia”
La tv genera mostri. Qui trovate un piccolo esempio di questo sia vera questa asserzione
Serie tv: i sequel sono infiniti. Qualche altra informazione.
Un piccolo schermo attento alle esigenze dei telespettatori, rispettoso dei principi etici, in grado di informare, intrattenere, divulgare, in maniera intelligente, a volte anche ironica, ma mai volgare. Una tv intesa come il focolare domestico di arboriana memoria,dinanzi al quale si può riunire la famiglia con la certezza di ritrovarsi in un salotto di discussione formativa, critica, intellettualmente utile. Perchè la tv dovrebbe essere uno strumento creativo che stimola scambi di opinione dialetticamente costruttivi. E’ questa la tv che vorrei.
Invece ci si trova di fronte a palinsesti sempre più discutibili e a programmi che, complici i conduttori,portano sotto i riflettori storie e argomenti finalizzati a suscitare quel voyeurismo in grado di bloccare il telecomando.
Un esempio significativo viene dai salotti di Barbara D’Urso, Pomeriggio 5 e Domenica live, attraverso i quali si esercita sui malcapitati telespettatori, che per caso, incappano nei due programmi, una violenza psicologica, una sorta di ipnosi collettiva, che li paralizza su Canale 5. In questa fase lo sciacallaggio in atto non è ancora evidente.
Alla comprensibile curiosità iniziale, col trascorrere del tempo e l’incalzare dei casi presentati, subentra una forte attrazione per seguire le vicende raccontate. Solo il telespettatore più smaliziato intuisce l’obiettivo della padrona di casa convinta che nell’animo di ognuno si nascondano curiosità morbose e sentimenti pruriginosi che lei, in esclusiva, è in grado di soddisfare. Così mette in atto un lento e mortale avvelenamento con argomenti ” stupefacenti” quali baby squillo, calendari hot, cronaca nera, amori discutibili, gossip, starlette che usano Instagram per fotografarsi nude. E’ la filosofia dell’eccesso, dei nuovissimi mostrri televisivi sbattuti sotto gli occhi di tutti. E’ la corsa all’ascolto, al facile populismo. E’ l’ apparerenza che si sostituisce all’essenza televisiva. E’ la tv che non vorrei.
Da una puntata della Domenica sportiva nella quale si discute su come evitare la violenza negli stadi. Queste le regole individuate.
Il campo sarà trasformato a prova di bomber e la classifica dei capocannonieri cederà il posto a quella dei capo-bombardieri. Lo scontro a cui settimanalmente assisteremo non sarà più tra due squadre in campo, ma tra le forze dell’ordine e quelle del disordine. Ogni giocatore sarà protetto da una personale guardia del corpo, per cui gli uomini in campo non saranno più ventidue ma quarantaquattro, disposti, secondo uno schema già collaudato, in fila per sei col resto di due.
L’arbitro, oltre ad una fitta rete di protezione, indosserà uno speciale elmo, già omologato dalla Lega Italiana Calcio, l’elmo di Scipio con navigatore incorporato.
Ogni volta che in campo esploderà un petardo, gli spettatori, sugli spalti lo accompagneranno al grido di Bim Bum Bam.
I petardi lanciati in trasferta varranno il doppio. E, in caso di parità al Novantesimo minuto, si ricorrerà ai petardi supplementari. Vince la squadra che avrà il maggior numero di sopravvissuti.