Nipote di Maria Serraino – a capo, negli anni ’80, di una delle cosche più potenti della ‘ndrangheta – Marisa Merico ora vive a Londra e collabora con un’associazione che aiuta i detenuti ad allontanarsi dalle logiche criminali. Ma prima, anche lei ha avuto un ruolo significativo negli affari della cosca di famiglia, occupandosi per conto del padre del traffico di droga e di riciclaccio di denaro.
Emilio Di Giovine è Collaboratore di Giustizia dal 2003, dopo decenni di avventurosa e lussuosa vita criminale. La ‘ndrina Serraino (poi Di Giovine) fece le sue fortune quando dalla Calabria trasferì il fulcro del proprio business a Milano, concentrandosi sul contrabbando di sigarette e sul traffico di droga, soprattutto di eroina. Poi, il pentimento di Rita Di Giovine, seguito da quelli di Emilio Di Giovine e di Marisa Merico che hanno permesso di ricostruire la sofisticata architettura e la natura del un sistema di potere sul quale si reggeva il clan.
Di seguito, potrete ripercorrere il racconto in diretta della quarta e ultima puntata di Cose Nostre.
“Io portavo i soldi in Svizzera, portavo miliardi di lire. Montagne di soldi. La ruota girava perfettamente, contavamo il denaro con i lconta banconote”, esordisce più franca che mai Marisa Merico. Racconta di come maneggiasse con grande familiarità AK-47, pistole, esplosivo e tutto quanto fosse necessario a garantire la sicurezza degli affari. Ci si poteva fidare solo della famiglia, soprattutto per gli affari più delicati.
A capo di tutto c’era sua nonna, Maria Serraino. Semianalfabeta ma con un gran carattere, riusciva ad elaborare strategie per indirizzare da cima a fondo la gestione degli affari e organizzare al meglio il lavoro degli uomini a disposizione.
La madre della Merico è inglese ed era arrivata a Milano per fare la baby-sitter, poi conobbe Emilio Di Giovine e la sua vita cambiò. Proveniente dalla provincia inglese, a Milano rimase affascinata dalla vita senza regole di Di Giovine. Fu ritenuta da Maria Serraino perfetta per il contrabbando di sigarette e iniziò a collaborare con la famiglia.
Poi, i Serraino iniziarono a trafficare e spacciare droga. Marisa Merico parla della naturalezza con cui in casa si maneggiavano soldi, armi, droga, della spietatezza con cui si sparava e si eliminavano i concorrenti delle piazze di spaccio.
Per la Merico tutto ciò era normale, non conosceva altri stili di vita. Iniziò a rendersi conto della “peculiarità” della propria famiglia quando il matrimonio tra i suoi genitori naufragò e lei andò in Inghilterra con la madre Patty. Da quella prospettiva, ciò che avveniva nel clan Di Giovine le sembrò molto più chiaro.
In quel momento, i rapporti con Emilio Di Giovine iniziarono ad allentarsi. Per la distanza, perché lui voleva un figlio maschio, perché era ormai diventato un omicida e viveva in latitanza.
Ma poi la nonna Maria Serraino volle sempre più spesso Marisa Merico in Italia, prese a portarla in carcere dal padre, ad insegnarle come parlare con un detenuto per comunicare in codice e permettergli di recapitare all’esterno i messaggi necessari.
Complice la voglia di farsi ben volere dal papà e il suo ruolo di intermediaria, ad appena 18 anni Marisa Merico era al centro degli affari illeciti della famiglia. Era l’unica di cui tutti si fidassero per farle portare in giro per l’Europa miliardi lire ogni settimana. “Volevo far vedere a mio padre che pur essendo femmina ero in grado di fare quelle cose”, dice.
Accanto a lei c’era già Bruno Merico, un giovane determinato a dimostrare ad ogni costo la sua fedeltà al clan, disposto a trafficare armi e droga in quantità.
Era il periodo della “Milano da bere”, durante il quale si vendeva droga più che mai e gli affari andavano a gonfie vele. Nel frattempo, però, in Calabria la famiglia Serraino era impegnata in una delle più sanguinose lotte tra le ‘ndrine per l’acquisizione del potere. Le cosche sparavano quotidianamente, facendosi largo con centinaia di delitti. L’esigenza di vincere la guerra intestina alla ‘ndrangheta, portò allo sviluppo smisurato del traffico di armi: fucili da guerra, esplosivi, pistole di ogni genere, perfino bazooka.
Nel 1991, Marisa Merico sposò Bruno Merico e poco dopo rimase incinta. Fu in quel momento che ebbe un primo ripensamento: propose a suo marito di abbandonare gli affari illeciti e dedicarsi ad un forno di famiglia.
Ma Bruno Merico era sicuro più che mai di voler continuare il proprio lavoro nel clan. Marisa Merico, in ogni caso, era troppo al centro delle attività per poter abbandonare. Quando suo padre venne arrestato, toccò di nuovo a lei occuparsi della gestione finanziaria della cosca.
Pure i traffici continuavano ad essere condotti da Marisa Merico, soprattutto quelli di droga con la Spagna. Movimenti talemnte grandi che fu propio dalle intercettazioni della Narcotici che la Polizia mise gli occhi sui Di Giovine. Arrivarono arresti e sequestri, ma gli affari del clan di fatto non subirono grossi scossoni.
L’ingranaggio si ruppe solo quando Rita Di Giovine – figlia di Maria Serraino e sorella di Emilio Di Giovine – decise di collaborare con gli inquirenti. Era la donna più vessata della famiglia, subiva violenze e maltrattamenti continui, forse perché ritenuta debole, finché non decise di ribellarsi. Le sue testimonianze portarono al disfacimento della cosca.
Marisa Merico stessa fu arrestata a Londra, mentre era in casa con la figlia Clara. Un momento che la colpì molto ed innnescò un ripensamento non immediato ma inesorabile, fino alla decisione di rompere con ciò che rimaneva della sua famiglia. Dal 2003 anche suo padre è collaboratore di giustizia e nessuno vuole più sentire parlare di loro.
La Merico: “Voglio essere orgogliosa di quello che faccio e non posso essere orgogliosa di spacciare droga a quelli che potrebbero essere miei figli. Voglio fare cose per gli altri. Alla soglia dei 50 anni lo posso dire che sono stata una stupida”. Vive ormai stabilmente in Inghilterra, dove ha cresciuto da sola i suoi figli. Negli anni si è laureata in criminologia e collabora con un’associazione inglese che aiuta i detenuti ad intraprendere percorsi di vita diversi da quelli malavitosi, a “cambiare vita” come ha fatto lei.
Una dei suoi timori più grandi, confessa, è legato al figlio 18enne, nel quale teme di ritrovare tratti del marito Bruno Merico e di suo padre, Emilio Di Giovine.
La quarta e ultima puntata di Cose Nostre finisce qui.