Una nuova proposta di Sky Arte HD. Un documentario che andrà in onda a gennaio e che si aggancia a un progetto ambizioso ideato dall’Associazione Incontro di Civiltà guidata da Francesco Rutelli, ex ministro per i Beni Culturali: far rinascere dalle distruzioni tre tesori che non ci sono più. Il toro alato con testa d’uomo di Nimrud, città assira della Mesopotamia, oggi Iraq, distrutto dall’Isis nel marzo 2015. l’Archivio di Stato di Ebla, in Siria, uno scrigno di cultura risalente al 2300 avanti Cristo, danneggiato dalla furia iconoclasta. Il tempio di Bel a Palmira, nel deserto siriano, raso al suolo nell’agosto 2015 dall’Isis.
Cinquantenne e sexy, radiosa e impegnata, giocosa e sulla cresta dell’onda. E’ Sonia Bergamasco, la madrina della 73.a edizione della Mostra del Cinema di Venezia che ieri ha inaugurato conducendo la serata di apertura. L’impegno al Lido è arrivato per lei in un anno ricco di soddisfazioni.
E’ appena scesa da un palco eccezionale, Eleonora Daniele. Quello allestito al Foro Romano per il concerto “Music for Mercy” promosso dal Teatro dell’Opera di Roma e dall’Opera Romana Pellegrinaggi. Un evento per il Giubileo che ha visto cantare artisti di tutto il mondo, ospiti di Andrea Bocelli, e la Daniele condurre la serata, trasmessa ieri in diretta su Rai Uno.
Savino Zaba è un “camaleonte”dello spettacolo: ha cominciato nel 1987, a sedici anni, con la radio, anzi le radio, private, rampanti, vivaio di personaggi. E’ approdato poi alle tv, da Telemontecarlo col Tappeto Volante di Luciano Rispoli, a mamma Rai, dove, per restare all’ultima performance, conduce “A qualcuno piace cult”. Ma anche le tavole del palcoscenico lo conoscono, per il suo impegno nel “teatro canzone”, addirittura sfociato sul grande schermo come nel caso di “Il bene mio”, omaggio a un faro della canzone popolare, Matteo Salvatore, e diventato docu-film con il titolo di “Prapatapumpapumparà”. Infine, l’incursione nel web, in una serie per Rai Radio2, “Per così poco”.
Meglio l’asettico Auditorium di Renzo Piano o i fasti rinascimentali di Villa Giulia? Meglio i giurati e i presenzialisti immobili sulle poltrone di velluto rosso della Sala Sinopoli o l’andirivieni con chiacchiericcio, il disordine vivace e snob del Ninfeo? La diretta televisiva di ieri sera (Rai3, dalle ore 23 a oltre la mezzanotte) per la finale del Premio Strega ha dato chiaramente la risposta.
Cesara Buonamici è una lady dell’informazione televisiva. Il suo elegantissimo “mezzobusto” compare sulle frequenze del Biscione fin dalla nascita del tiggì di Canale 5, nel 1992. Insomma, è un volto-simbolo del telegiornale del quale è anche vicedirettrice, al punto che nella miniserie tv “Uno bianca” è comparsa interpretando se stessa.
Un Orlando Furioso da vedere e da ascoltare. Succede a Tivoli, Villa d’Este, perché una mostra da poco inaugurata, “I voli dell’Ariosto”, svela l’influsso che il poema dei paladini ebbe su tutte le arti. La pittura, prima di tutto. Siamo nel 1557 e nel suo “Il dialogo della pittura” il Dolce si sofferma sul canto VII dell’Orlando. E osserva: “Ma se vogliono i pittori trovare senza fatica un perfetto esempio di bella donna, leggano queste stanze dell’Ariosto nelle quali egli descrive mirabilmente la bellezza della fata Alcina; e vedranno quanto i buoni poeti siano ancora essi pittori”.
Franca Leosini è tra i personaggi più amati della Rai. Di una Rai che non ride, non si veste di lustrini, non si concede alla chiacchiera. E’ la Rai della Terza Rete di Angelo Guglielmi e di Sandro Curzi. Non la Rai dei grandi mezzi e della megaproduzioni. Invece quella che scava nella realtà, che fa pensare, che sonda l’animo umano. Prima autrice di “Telefono giallo”, poi, dal 1994, di “Storie maledette”, che conduce anche, Franca Leosini tratteggia attraverso faccia a faccia scarni e pregnanti identikit di condannati famosi, protagonisti di delitti che hanno stregato e spesso diviso l’opinione pubblica. Uomini e donne che per i telespettatori diventano diversi da quelli che i luoghi comuni della cronaca nera in certi casi creano. Meno mostri, più individui, pur se scheggiati da un sasso nero che ha bucato irrimediabilmente il loro vissuto.
E se il Premio Strega diventasse un format? Gli ingredienti sono: il maggiore alloro letterario italiano, la più vasta e variegata giuria (se ne vantava nel 1947 la fondatrice Maria Bellonci) formata da 400 ingegni cooptati ai quali si aggiungono, da qualche anno, 40 lettori “forti” e gli Istituti di cultura all’estero; ancora, il veleno delle polemiche (quest’anno, terminata la rivalità Mondadori-Rizzoli che si sono fuse, già si lamenta il primo degli esclusi dalla cinquina, Antonio Moresco); il caramello appiccicoso della mondanità capitolina; il duello all’ultimo voto in un rush che si chiude a mezzanotte di una calda serata di luglio.
Luigi Lambertini è una voce e una penna. Una voce perché -bella e capace di modulare in perfetto italiano, con appena un’inflessione del Nord– ha parlato attraverso i microfoni di Radio Rai per oltre trent’anni. Una penna perché è ha saputo essere critico d’arte e cronista culturale oltre che animatore di dibattiti sul Bel Paese e perché ora che ha i capelli bianchi coltiva con entusiasmo e ottimi risultati (selezione al Premio Strega per il suo Gola di Pietra) una passione di sempre, scrivere libri, di narrativa soprattutto.