L’inaugurazione al Teatro dell’Opera di venerdì 27 novembre prossimo verrà registrata e trasmessa in diretta da Rai Radio3, alle ore 19: ma è tutto quasi un miracolo. Forse lo dobbiamo alla presenza nuova – e da molti giudicata gratuita in un teatro lirico – di un secondo direttore artistico, il compositore Giorgio Battistelli, che affiancherà quello tuttora in carica – Alessio Vlad, per la lirica classica – come direttore artistico per la sezione ‘contemporanea e sinfonica’, ma in un ruolo non subalterno (e si vede).
E’ ben vero che il Teatro dell’Opera non aveva bisogno di un secondo specialista per affrontare la lirica contemporanea, visto che è facile ricordare la splendida messa in scena (nella chiesa dell’Ara Coeli!) nel 2013 e 2014 di due parabole di Benjamin Britten, o nello scorso ottobre la stupenda e problematica opera di Brecht-Kurt Weill “Aufstieg und Fall der Stadt Mahagonny”.{module Pubblicità dentro articolo}
Ma certo questa volta si tratta di un’inaugurazione! Il rilievo che l’opera di Henze “The Bassarids” vi assume è massimo: e si tratta di una composizione di 50 anni fa, che ebbe grande successo al suo debutto a Salisburgo nel 1966, ma che è poco conosciuta in Italia, dove fu frappresentata solo una volta alla Scala di Milano. L’opera è una versione elaborata in forma di libretto d’opera da W.H. Auden e Chester Kallman (con frequenti interventi dello stesso Henze) della tragedia di Euripide “Le Baccanti” (altrimenti dette Menadi o Bassaridi), della fine del secolo V avanti Cristo.
Dirigerà la difficile partitura Stefan Soltesz, mentre alla regìa ci sarà l’eccellente Mario Martone: anche secondo questi artisti si può coprendere perché il compositore tedesco, che ha vissuto l’orrore della II Guerra Mondiale e del Nazismo, è stato attratto dalla predetta tragedia di Euripide. La visione terrificante del Dio Dioniso – al centro dell’opera – che non rappresenta il bene, ma la vendetta, la violenza, la crudeltà, e che risveglia negli esseri umani analoghi sentimenti ed istinti, sembrò ad Henze adattarsi ai suoi stessi tempi, ed a parere dei predetti Soltesz e Martone essa pare adattarsi anche alla nostra attualità.
Dioniso (nell’opera Ladislav Elgr), figlio si Zeus e di Semele, una umana, scende nella città di Tebe dove non è riconosciuto come divinità dal re Penteo (Russel Braum): e subito trasforma le donne in rabbiose seguaci del suo thiasos, rendendole feroci come belve, al punto che esse fanno a brani con le mani nude Penteo. Dioniso condanna anche persone innocenti come il nonno di Penteo, Cadmo (Mark S.Doss) e persino l’indovino Tiresia (Erin Caves).{module Pubblicità dentro articolo}
Nell’orgia poi, anche Agave (la nostra energica Veronica Simeoni), madre di Penteo, partecipa all’omicidio portando in trionfo su una picca la testa del figlio. Su tutto domina la figura cupa e spietata Dioniso, che infine pur comparendo da “Deus ex machina”, non risolve il dramma, ma caccia in esilio anche Cadmo e Agave. La dimensione della crudeltà e dell’assenza del sentimento del bene nei protagonisti, rende complessa e problematica la tragedia, che a differenza di quelle di Eschilo e Sofocle, non ha catarsi, non si conclude, finendo per lasciare ancora più dubbi di quanti non ve ne fossero all’inizio.
Le complicate scene, in cui ha un signidicato simbolico uno specchio, sono di Sergio Tramonti, i costumi di Ursula Patzak, i movimenti coreografici di Raffaella Giordano.