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Il palinsesto della giornata è stato scelto appositamente da Arbore, e in prima serata prevede un documentario dal titolo Quando la radio. Il “maestro programmatore di musica leggera” Arbore, così dice di essere “schedato” alla Rai, lo considera una sorta di TecheTecheTé personale: motivo di orgoglio è quello di non essersene mai andato altrove, di non aver mai abbandonato l’azienda di servizio pubblico.
Piccola parentesi, con il Corriere della Sera sta per uscire una serie di 12 dvd. Il 19 dicembre invece, debutta al Macro la sua mostra, curata dagli scenografi di Indietro tutta. Ma tornando alla giornata di Rai Cultura, Arbore ricorda la recente scomparsa del regista di Bandiera Gialla: adesso che Rai Storia “c’è molto meno Hitler”, era il momento giusto per un realizzare un documentario sulla radio, si tratta del secondo programma per la rete dopo quello su Napoli che aveva parlato della città partenopea come città borghese.
Ripercorrendo i tanti aneddoti che ne hanno costellato la carriera, Arbore ricorda la volta in cui andò da Almirante in doppio petto. All’insaputa dei dirigenti, in radio sono stati passati dischi che non sarebbero stati approvati. E poi il dottor Marsala, dirigente che “non sapeva cosa fare” e allora si limitava a controllare i microfoni. Oppure Giorgio Bracardi, che scambiò una strigliata dei superiori per uno scherzo organizzato dagli amici: la sua reazione fu di scoppiare a ridere davanti a chi gli diceva che la radio non è un postribolo in cui si può fare e dire di tutto.
È un fiume in piena Renzo Arbore: i personaggi inventati, micologo compreso: la prima battuta con cui esordì la nuova figura, era che esistesse una prima distinzione tra funghi, cioè i funghi e i non-funghi.
Per Marco Dose è facile dire che siamo tutti figli di Alto gradimento: ha inciso tanto nel modo di fare spettacolo. Sotto certi aspetti, oggi la radio è diventata più faticosa, specie per chi si occupa di attualità: fare satira è diventato superfluo, dato che l’attualità è così ridicola che fare battute diviene superfluo.
Nicola Sinisi, direttore di Radio Rai, consegna ad Arbore il microfono di Alto Gradimento.
Seduto in sala, anche Walter Veltroni, che Arbore ha “lanciato”: in Italia il pop è Arbore, come Andy Warhol in America. Seconda caratteristica individuata da Veltroni, la capacità di creare una squadra senza spremerla, poi la prerogativa di essere un uomo Rai senza averla mai abbandonata. Augurandosi che possa tornare con un aprima serata, qualora non fsse possibile, l’ex sindaco di Roma incoraggia a trasmettere i suoi programmi cult: secondo lui raggiungerebbe il 20% di share senza problemi.
Massimo Bernardini, conduttore di Tv Talk, sottolinea che quelle che Arbore racconta come “malefatte” sono considerate oggi cultura. Marisa Laurito per esempio, anche lei presente in sala, dice che se l’asepttava, perché lei ha una grande cultura. E Gianni Minà aggiunge: rispetto alla Rai di oggi, “noi eravamo più colti”, ecco perché venivano intercettati i giovani. Ripete quindi di essere orgoglioso di non aver mai ceduto alla concorrenza; Arbora gli risponde che è “troppo amico di Fidel” per passare a Mediaset.
Viene toccato il tema degli ascolti: Veltroni chiarisce che gli ascolti di Arbore non erano altissimi, eppure il programma, che ha cambiato e innovato il linguaggio, è divenuto un cult.
La conferenza si conclude con uno sketch che Arbore improvvisò insieme a Lino Banfi.