Nell’anteprima dello spettacolo, Ficarra ha trattato Picone come un servo, facendo riferimento ai personaggi che hanno interpretato. Ficarra: “Se devi fare il servo, devi entrare nella parte!”.
Ficarra e Picone sono entrati in scena nei panni, rispettivamente, del dio Dioniso e del servo Xantia.
Xantia sta portando i bagagli di Dioniso sul cavallo Zeus.
Lo scopo di Dioniso è quello di raggiungere Euripide nell’Ade: “Ho bisogno di un grande poeta, quelli bravi sono morti e quelli che ci sono sono scarsi”.
Dioniso ha incontrato Eracle a cui ha chiesto la strada migliore per raggiungere l’Ade.
Eracle gli ha consigliato la stessa strada che prese lui l’ultima volta che andò nel regno dei morti. Eracle: “Attraverserai fiumi di m*rda!”.
Dioniso e il servo Xantia, dopo aver iniziato la ricerca di una barca, hanno incontrato Caronte.
Dioniso e Caronte hanno attraversato la palude in barca, con il sottofondo musicale dei SeiOttavi, nella parte delle Rane che non riconoscono il loro dio. Dioniso: “Che viaggio di m*rda!”.
Caronte: “Siamo all’inferno!”. Xantia ha raggiunto Dioniso dopo aver attraversato la palude a piedi. Xantia: “Il cavallo è morto!”. Dioniso: “Dovevo ancora finire di pagarlo!”.
Dioniso e Xantia hanno incontrato gli iniziati, intenti a cantare un inno sacro in onore del dio Iacco.
Successivamente, Dioniso e Xantia sono giunti davanti al palazzo di Plutone.
Dioniso ha incontrato Eaco che, scambiandolo per il fratello Eracle, si arrabbia con lui per avergli rubato il cane Cerbero.
Dioniso se l’è fatta addosso per la paura e ha consegnata la spugna sporca a Xantia: “Si tratta sempre della m*rda di un dio!”.
Dioniso, quindi, ha ordinato a Xantia di vestire i panni di Eracle.
Xantia, travestito da Eracle, ha affrontato Eaco ma viene fermato.
Xantia, quindi, ha offerto ad Eaco il servo, ovvero Dioniso.
Dioniso: “Io sono un dio immortale! E’ lui il servo”. Xantia: “E’ un motivo in più per torturarlo, se è un dio, non sentirà dolore”.
Alla fine, Dioniso e Xantia sono stati frustati entrambi.
Xantia ha scoperto che tra Eschilo e Euripide, è scoppiata “una guerra civile tra morti” perché si stanno litigando il trono della tragedia. Euripide vuole il trono fino ad ora occupato da Eschilo.
Tra Euripide ed Eschilo, quindi, è esplosa una contesa. Il giudice della sfida decisa da Plutone sarà proprio Dioniso.
Euripide ha accusato Eschilo di essere “spocchioso”. Quest’ultimo ha risposto così: “Figlio della dea delle ortolane! La mia poesia non è morta con me, la sua, invece, sì”.
Euripide ed Eschilo hanno iniziato a sfidarsi a colpi di versi, sminuendo anche l’opera dell’altro.
Eschilo: “Bestemmiatore degli dei!”. Euripide: “Porco Zeus!”. Dionisi: “Lascia stare papà, però!”.
Euripide: “Io portavo sulle scena, situazioni della vita di ogni giorno!”. Eschilo ha rinfacciato ad Euripide le sue perversioni.
Eschilo: “Noi poeti dobbiamo rigorosamente parlare di bene. Siamo i maestri degli adulti”. Euripide: “Avresti dovuto parlare con un linguaggio umano”. Eschilo: “Le parole solenni sono normali. Tu hai svilito tutto! Hai insegnato lo sproloquio!”.
La prova decisiva è stata la bilancia che misurerà il peso delle parole dei due tragediografi.
Dioniso, quindi, ha chiesto ad Euripide ed Eschilo cosa farebbero per la salvezza della città.
Eschile ha fornito il consiglio migliore: “Dobbiamo considerare la terra dei nemici come se fosse la nostra. Le navi sono le nostre vere risorse”.
La sfida è stata vinta da Eschilo.
Dioniso, quindi, ha deciso di riportare in vita Eschilo.
Eschilo ha lasciato il proprio trono a Sofocle, rassicurandosi che Euripide non prenda mai il suo posto: “Mai e poi, questo cialtrone si insedi sul mio trono!”.
Lo spettacolo è terminato con un video di Pier Paolo Pasolini ed Ezra Pound.
Dopo la prima e unica pausa pubblicitaria, il cast di attori ha ringraziato il pubblico.
Le Rane è arrivato in tv troppo tardi.
L’imbarbarimento dei tempi, provocato in parte anche dal calo qualitativo dell’offerta televisiva, non ha permesso, infatti, salvo clamorose sorprese all’Auditel che il sottoscritto (e non solo) si augura, al telespettatore medio italiano di godersi appieno l’opera di Aristofane riproposta da Ficarra e Picone, in onda su Rai 1.
L’intento non è quello di dedicarsi alla solita invettiva contro l’epopea televisiva post-Grande Fratello, iniziata nel 2000 ossia qualche annetto fa (ridendo e scherzando, è trascorso un ventennio).
E’ un dato di fatto che proposte culturali di questo genere, se difficilmente trovavano spazio durante gli “anni felici”, figurarsi ora che i tempi si sono fatti bui…
E’ semplice, infatti, concentrarsi sull’ex studente del liceo classico che rimembra tempi andati o su chi ha goduto di ottimi studi, la vera domanda riguarda il modo in cui il telespettatore classico di Rai 1, spesso sinonimo di italiano medio, abbia recepito quest’opera.
E’ scontato sottolineare che la messa in onda di prodotti come questo è sempre una bella notizia.
Non è scontato sottolineare, invce, il fatto che su Rai 1 sia tornata la satira.
E’ triste constatare, però, che la satira in questione è quella di Aristofane che, per una mente aperta, può avere il suo enorme peso mentre per un mente chiusa può risultare un bla bla bla continuo, con Ficarra e Picone a fare da specchio per le allodole (quando, in realtà, non è così).
Il tentativo di rendere accessibile l’opera ai più è riuscito in parte.
Il messaggio che Aristofane ha voluto trasmettere con Le Rane, spiace dirlo, potrebbe restare inascoltato proprio a chi, invece, era indirizzato.
Le Rane è arrivato troppo tardi, come già scritto.
E fino a quando, inoltre, serate televisive di questo tipo verranno sempre percepite come evento e non come normalità, il “troppo tardi” è destinato ad avere un seguito.