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Per cui nel giugno scorso esso è passato nei cinema italiani di Roma, Napoli, Milano, Torino, attestandosi come un successo conclamato, ed in conseguenza è giunto attesissimo all’IDFA di Amsterdam, tappa di riscontro mondiale per i film-documentario. Sorprende un po’ che dopo quei riconoscimenti, il regista abbia mal digerito – durante il recente nuovo attacco dell’Isis in novembre a Parigi – che l’UCI abbia sospeso temporaneamente e sino all’inizio del 2016 la proiezione di “Napolislam”, con un’evidente finalità di prudenza sociale, per non accendere di più gli animi, in un momento di altissima tensione internazionale (non era certo un giudizio di merito, anzi).
Pagano, scrittore, giornalista, specializzato nella cultura e nella lingua araba, e che ha trascorso al Cairo tre anni, con questo documentario ha tentato una risposta alla innegabile affermazione della fede nell’Islamismo in Europa e fuori.
Una risposta che l’autore sa in partenza essere relativa sia all’unico sito (Napoli), sia alla fascia sociale (medio-bassa), sia al numero dei protagonisti (dieci persone). Inoltre il regista esclude da subito un’analisi dell’estremismo e del terrorismo islamico, fenomeno decisamente isolato: infatti ricordiamo che – durante le manifestazioni a Roma e a Milano, seguìte all’aggressione al giornale parigino Charlie Hebdo – innumerevoli erano i cartelloni di musulmani, pakistani e non solo, che dissentivano radicalmente dall’ideologia e dalla prassi terroristica dell’Isis.
Immagine del documentario
Pagano è sceso nel cuore di Napoli, dove ha toccato con mano il progressivo e pacifico diffondersi dell’Islamismo, a partire dalla Moschea sorta a piazza Mercato in una chiesa sconsacrata: e prosegue nel disegnare e documentare questa sorprendente mappa di gente comune, che cerca e trova nel credo maomettano delle risposte alla corruzione, al malcostume, all’indigenza crescente, alle ingiustizie, al crollo del rispetto per gli esseri umani non solo in Italia, ma nel mondo.
I proagonisti del film sono un disoccupato, una ragazza innamorata di un algerino, un rapper, un padre di famiglia, un ex-ferroviere, uno spazzino, due ragazze di Fuorigrotta, un taxista tunisino emigrato a Napoli. E Napoli è già di per sé una città multietnica, che assorbe e assimila pù di ogni altra.
Ma intanto i nomi dei napoletani vengono cambiati, Claudia diventa Zeynab, Francesco è Muahammad, i dolci napoletani si trasformano a loro volta nel nome, e le zeppole diventano halal. E’ una lenta mutazione che parte dal basso, ed è inarrestabile. La cultura di sinistra impallidisce e il Che non è più un modello sociale: il modello ormai è Maometto, il profeta di Allah.
Anche la religione cristiana e cattolica pare non basti più. Insomma saremmo dinanzi ad un vero e proprio rifiuto dell’Occidente, e non di un attacco proditorio dell’Islam ad esso, come affermò Oriana Fallaci a suo tempo, nel libro “La rabbia e l’orgoglio”.
Il documentario di Pagano penetra negli angoli più riposti della città popolare, alla ricerca – pur nella gioiosa napoletanità che conosciamo – della verità, entro il mosaico delle storie personali. E anche se tale verità può affiorare solo in parte, l’importante è aver compreso la portata del problema. Il giudizio di Roberto Saviano infatti è il seguente: “Ci sono documentari che cambiano per sempre la percezione del tema che affrontano. “Napolislam” è uno di questi”. Il film di Ernesto Pagano è una produzione Ladoc e Isola Film, distribuito da I Wonder Pictures e Unipol Biografilm Collection, in collaborazione con Sky Arte HD.