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Sono anni di grandi fermenti sociali e culturali che influenzano le scelte artistiche, in cui si assiste a una voglia diffusa di creatività, a un forte bisogno di rappresentare il proprio immaginario, superando i limiti dei linguaggi tradizionali.
La “Scuola romana”, il più importante movimento d’avanguardia teatrale sorto in Italia, supera lo schema con cui vengono allestiti gli spettacoli nelle strutture tradizionali, che privilegiano la separazione netta tra il palcoscenico e gli spettatori, ma soprattutto rifiuta la centralità del testo a favore di una visione totale della rappresentazione. Il gesto e i movimenti degli attori assumono un ruolo di primo piano, la musica diventa una componente essenziale degli spettacoli e perfino la luce che illumina i fondali, quasi sempre neri, ha una forza narrativa che sembra trasformarsi in uno scandaglio dell’animo umano, dei volti e dei corpi.
Manuela Kustermann
L’avanguardia teatrale romana o teatro d’immagine, infatti, mescola vari generi espressivi e rompe con i canoni della tradizione secondo cui lo spettacolo è da intendersi essenzialmente come la traduzione scenica di un testo. Si trasforma il concetto di rappresentazione: non si è più fedeli alla scrittura, che diventa un punto di partenza per dare vita a un concetto di teatralità a tutto campo, in cui il pubblico possa perdere le coordinate e abbandonarsi agli stimoli e alle suggestioni della messa in scena, spesso immerso nel buio totale, in ambienti sonori di rumori e suoni elettronici, di musiche iterative, di passi di danza, di squarci metallici e scrosci d’acqua, di voci recitanti sovrapposte. Tutti meccanismi “drammaturgici” che contribuiscono allo spaesamento degli spettatori, in grado di spiazzarli e provocarne le emozioni.
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L’esigenza di potersi esprimere in libertà spinge molti artisti a cercare un proprio spazio, al di fuori di quelli ufficiali, stabilendo una stretta relazione tra luogo e progetto teatrale. Nascono a Roma le cosiddette “cantine”, spazi autonomi in cui non ci sono regole e ognuno può misurarsi con l’idea di un teatro aperto, visionario, totale. Si allestiscono spettacoli ovunque: nei sottoscala, in posti bui e umidi, in edifici fatiscenti, nei garage, in conventi abbandonati. Un’ansia febbrile e creativa negli anni Sessanta inonda la città, che diventa il polo d’attrazione per molti giovani aspiranti artisti che provengono da varie parti d’Italia.
Per rivivere quest’atmosfera così vitale e ricca di promesse, iniziata con le dissacranti riscritture sceniche di Carmelo Bene al Beat ’72, un luogo minuscolo diventato ben presto un punto di riferimento per molti teatranti, Radio 6 Teca propone l’ascolto di un ciclo di trasmissioni in onda su Radio1 nel 1979 dal titolo “Palcoscenico in cantina” e alcune puntate de “Il quadrato senza un lato”, il programma di Franco Quadri, il critico che maggiormente studiò il fenomeno dell’avanguardia, in onda su Radio2 nel 1974.
A queste testimonianze storiche si affiancano le interviste, realizzate per l’occasione da Silvana Matarazzo, con il critico e scrittore Italo Moscati, attento testimone di quel periodo, con Valentina Valentini, docente di Storia dell’arte e spettacolo presso la Sapienza di Roma, una delle maggiori esperte italiane di arti sceniche e performative, che recentemente ha pubblicato il libro edito da Bulzoni “Nuovo Teatro made in Italy”, e, infine, con Manuela Kustermann, una delle protagoniste della stagione gloriosa dell’avanguardia, che ora dirige il Teatro Vascello di Roma, spazio dedito alla ricerca teatrale.
A Teatro su Radio 6: Gli anni dell’avanguardia si può ascoltare su www.radio6.rai.it o in DAB+ sulle radio digitali nelle zone già coperte dal servizio, ed è in onda da martedì 29 marzo alle ore 11. 00 e in replica alle 17.00