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Rita Dalla Chiesa ha anche un vero e proprio scaffale. E’ vero lady Forum, la trasmissione Mediaset che ha condotto per due decenni?
“Sì, ce l’ho ed è pieno zeppo, con i libri in doppia fila. Disordinato, mica come quello del mio amico Gianni Togni, che ha sistemato tomi e dischi alla perfezione, attaccando su ogni scaffale la lettera iniziale dell’autore esposto. No, la mia libreria è l’opposto. Però se manca una copertina me ne accorgo immediatamente. E poi pile di volumi sono sul comodino, sul trumeau dell’Ottocento. In tutti gli angoli di casa. Perché li conservo tutti, i libri, anche quelli dati come gadget con un giornale o una rivista. Magari non mi interessano, ma non riesco a gettarli, qualcuno ci ha lavorato, penso. E non mi chiedete poi di prestarlo, un mio libro. E’ come pretendere una parte di me. Le pagine sono vissute, sottolineate, evidenziate con le orecchiette. Mi hanno fatto piangere, o incavolare. No, non presto ciò che leggo. Preferisco comprarglielo nuovo, il libro, a chi me ne chiede uno mio”.
Ma insomma, Rita Dalla Chiesa, quali sono i suoi titoli del cuore?
“Quelli di poesia e, come detto, quelli che in qualche modo parlino di mare”.
Poeti, quali?
“I versi d’amore di Hikmet, il grande romantico turco. Me li porto ovunque, in ogni casa vada. Ma anche a Cardarelli sono molto legata”.
E le storie di mare?
“Per esempio i noir mediterranei ambientati a Marsiglia nella trilogia di Iean-Claude Izzo, con la città portuale francese scolpita nei suoi vicoli, nelle sue atmosfere. Proprio l’altro giorno ho comprato un altro volume dello stesso autore, fuori dalla serie. Si intitola Marinai perduti. Mi ha entusiasmato anche La settima onda di Daniel Glattauer, dove un amore finito si rinfocola e dura soltanto attraverso una corrispondenza virtuale, per e-mail. Il titolo si deve alla frase di un famoso ergastolano che vede dalle sbarre il mare e si ripromette si fuggire cavalcando la settima onda, quando arriverà. E’ il seguito di Le ho mai raccontato del vento del nord, nel quale quel legame si allaccia con enorme casualità, solo perché lei invia per sbaglio la sua missiva internet all’indirizzo di lui”.
Che cosa leggeva da bambina e da adolescente?
“I classici Piccole Donne, Incompreso, Il piccolo Lord, I ragazzi della via Paal. E anche i romanzi di Liala, che mi facevano sognare al punto che non ne ho tralasciato uno. Il piccolo principe invece lo affrontato da adulta. In effetti non è un’opera per bambini, se ne capisce il significato quando si è maturi”.
E gli italiani più vicini a oggi?
“Maria Venturi mi piace, anche per lo stile: ha una penna da giornalista, periodi corti, nessuna sbavatura. Apprezzo anche Sveva Casati Modignani, ogni titolo un bestseller. E poi Dacia Maraini, Alberto Moravia. Fanno rivivere un’epoca. Invece non mi piacciono i libri di storia, specie se ambientati nel Medioevo, un periodo che giudico tetro. Non ho mai aperto Il nome della rosa di Eco…”.
Ne ha conosciuti, di scrittori?
“A Milano ho incontrato Zucconi. A Roma Federico Moccia. E Alberto Bevilacqua. Abitava vicino a me e quando uscivo per comprare i giornali lo incontravo casualmente, ci salutavamo e ci fermavamo a parlare su una panchina dei giardinetti. Lui, parmense, mi diceva che ero una classica donna di Parma, per i miei occhi, per la mia bocca. Ed è vero perché i Dalla Chiesa sono appunto originari di lì. Erano minuti molto belli. Altra cosa Pasquale Festa Campanile: divertentissimo con quella sua aria di tombeur de femmes, pronto sempre a fare la corte…”.
Scriverebbe lei?
“Me lo hanno chiesto tante volte, ho sempre rifiutato. Oggi si improvvisa scrittore chiunque, a me non sta bene. La scrittura deve venire da dentro e dentro deve restare, ogni parola, ogni frase. Mi dicono: avresti tanto da narrare…Rispondo: la mia vita è mia, privata. Semmai scriverei sotto falso nome. Anzi, se lei un giorno vedrà esposto in vendita un libro di mare firmato da un autore sconosciuto, beh, pensi che forse è mio”.
Quando prende un volume in mano?
“Nei ritagli di tempo, che sono sempre di meno, perché la vita oggi è tutta una corsa, e poi ogni giorno mi dedico ai giornali, ne sfoglio l’intera mazzetta. Poi capita anche che legga tre libri contemporaneamente: ma allora significa che lo faccio per lavoro. Mai invece mi accontenterei dei tablet: per me un libro è un oggetto vivo, da far palpitare tra le mani. E possibilmente nella concentrazione, nel silenzio che rigenera. Sa che le dico? I momenti più belli per la lettura li passo in barca. A vela”.