Tre buchi nel patrimonio dell’umanità, tre damnatio memoriae della cultura più antica. Per non dimenticare, però, sono risorti in una ricostruzione in scala 1:1 che rivedremo in un contenitore altamente simbolico quale è il Colosseo. E’ la mostra, patrocinata dall’Unesco, “Rinascere dalle distruzioni”, che si aprirà al pubblico il 7 ottobre nel secondo anello dell’Anfiteatro Flavio, anch’esso restituito come meraviglia del mondo dal restauro finanziato da Diego Della Valle. I tre antichi reperti sono stati ricostruiti da tre aziende italiane. Il Toro di Nimrud, dalle dimensioni imponenti (480x494x85 cm) dalla ditta Nicola Salvioli di Firenze, formatasi all’Opificio delle Pietre dure. La sala dell’archivio di Ebla (16 mq) è a cura di Arte Idea di Roma specializzata nella progettazione di elementi scenografici per cinema, tv, teatri. Il soffitto del tempio di Bel di Palmira – una summa concettuale e artistica di arabeschi – viene affrontato dalla Tryeco 2.0 di Ferrara, che opera con scanner 3d nel campo di tutela dei Beni Culturali. “Hanno usato come materiale di base il polistirolo – spiega Cristina Acidini – poi ricoperto da sostanza plastica mescolata a frammenti di pietra, l’arenaria per il tempio di Palmira, il marmo per il toro di Nimrud. Ma in questo caso la modellazione è effettuata a mano”.
Sky Arte HD, partner della mostra, ha filmato tutte le fasi della ricostruzione, ricavandone appunto il documentario che andrà in onda in Italia a gennaio. Un’ora di trasmissione che” includerà anche la storia dei tre siti violati e che affronterà il tema dell’iconoclastia insieme con quello della speranza che si possano rivedere in loco i patrimoni dell’umanità disintegrati dai terroristi”, anticipa Roberto Pisoni, direttore di Sky Arte. Il quale spiega: “Da quattro anni realizziamo documentari su svariati aspetti della storia dell’arte, trovando un ritmo di narrazione che ha anche un valore divulgativo.
In particolare testimoniamo la validità delle nuove tecnologie nella ricostruzione di capolavori scomparsi. E siamo concreti sostenitori di tali ricostruzioni. E’ successo con la Natività di Caravaggio trafugata nel 1969 nell’Oratorio di San Lorenzo, a Palermo, e mai più ritrovata. Nel documentario in onda circa un anno fa abbiamo ricostruito tutta la storia del dipinto, compreso il mistero che lo avvolge da quasi mezzo secolo. Ma abbiamo fatto di più. Abbiamo sponsorizzato la realizzazione ad alta tecnologia di una copia del capolavoro, collocata nell’Oratorio al posto di una foto sbiadita. Per questo abbiamo facilmente trovato concordanza di visioni con Francesco Rutelli attorno al progetto Ebla-Nimrud-Palmira”.
Firmato per la regia da Marco De Luca e prodotto da Ballandi Arts, il documentario sarà distribuito negli altri quattro Paesi in cui opera Sky Arte: Gran Bretagna, Irlanda, Germania e Austria. E si soffermerà anche sul secondo anello dell’Anfiteatro Flavio dove saranno esposti gli oggetti riprodotti.
“Il Colosseo vanta sei milioni e mezzo di visitatori l’anno – nota il soprintendente archeologico di Roma Prosperetti – Come per le ricostruite Dresda, Varsavia e Montecassino, questo monumento simbolo saprà comunicare al mondo l’emozione e la speranza di rinascita della bellezza distrutta”.
E infatti la mostra ha tanti significati. Non solo ripristina l’ormai invedibile. Ma lancia la speranza che si possa ricostruire un giorno, e in loco, quanto distrutto. E avverte i paesi feriti – in questo caso Siria e Iraq – che la comunità internazionale con i suoi esperti è pronta a sostenere il “risorgimento” dei loro monumenti. Lo ha detto chiaro e forte Francesco Rutelli, al quale si è affiancato, come guida del Comitato scientifico del progetto, Paolo Matthiae, l’archeologo che da decenni scava al Ebla, traendole più vetuste tavolette di scrittura cuneiforme. Il sostegno economico viene anche dalla Fondazione Terzo Pilastro capitanata da Emmanuele Emanuele: “Daremo all’iniziativa 160 mila euro all’anno, per tre anni. Un segnale forte a questa Europa che balbetta, che latita. Ma non bisogna fermarsi alla riproduzione. Con l’impegno dei privati si può ricostruire. Roma stessa ha chiese e templi non originali. Ci vorrà tempo, ma si farà.”
Come? Matthiae ha posto tre condizioni per lui irrinunciabili: “Il rispetto pieno della sovranità degli Stati in cui opere e monumenti si trovano; il coordinamento, la supervisione e l’approvazione dell’Unesco; la più ampia, solidale e intensa collaborazione internazionale, senza neocolonialismi né sospetti nei confronti di prestigiosi istituti che si sono detti pronti a lavorare, come l’Ermitage. La Direzione Generale dei Musei di Damasco ha già manifestato che chiederà un sostegno allargato a molti Paesi. Italia in primis”.
Già, l’Italia. Rutelli ha sottolineato che “noi non ci rassegneremo alla perdita definitiva di segmenti di pluralità culturale. Mettiamo in campo tecnica, risorse e volontà politica perché quando si deciderà di riedificare non si parta da zero”. Si azzarda qualche data di un processo a venire: cinque, sei anni. Previsione forse ottimistica ma capace di esorcizzare quanto si vede in Afghanistan, dove le nicchie che contenevano i Buddha di Bamiyan “dopo 15 anni sono ancora vuote”, ha ricordato l’ex sindaco di Roma. Il quale rivendica al nostro Paese il rispetto del patrimonio altrui anche nelle restituzioni: “Siamo stati oggetto di razzie, di scavi clandestini eppure abbiamo fatto tornare nei luoghi d’origine l’obelisco di Axum e la Venere di Cirene”.