E’ da qui, dall’Orlando Furioso in tv che vogliamo partire per lanciare una proposta-provocazione: perché non fare del poema in ottave dell’Ariosto un serial, una lunga fiction insomma? Le invenzioni fantastiche, l’altrove ironico-cavalleresco di messer Ludovico sono, ne siamo convinti, materia turgida di input per una superproduzione e per sceneggiatori e registi talentuosi. Indotti a trasporre vicende fiabesche tanto vivide – l’Ippogrifo e il volo di Astolfo sulla Luna a riprendersi il senno di Orlando, le magie di Alcina, il rapimento di Angelica da parte del Drago – anche dal successo che hanno analoghi sceneggiati, primo tra tutti quel “Trono di spade” del quale si sta per girare la stagione n.7 e che ha appena conquistato il Premio Emmy 2016.
Gli americani hanno saputo fare una gallina dalle uova d’oro del mondo fantastico inventato dallo scrittore Usa George R.R. Martin. Dal 2011 Il Trono di Spade va in onda su HBO grazie all’intraprendenza di Benioff e Weiss. E intorno al fenomeno è fiorita una costellazione di eventi musicali, editoriali, gadgettistici come solo gli statunitensi sanno fare. Mentre i media rimandano col megafono l’inizio delle riprese della serie n. 7 nel Nord Irlanda e SkyAltlantic.it diffonde anticipazioni sul cast e gossip che stregano la Rete.
Se dunque questo fantasy ha tanto successo, perché non provare anche con un fantasy ante-litteram come l’Orlando Furioso? Perché la nostra televisione, pubblica e privata, non tenta il colpaccio? Forse intimidisce il confronto con il colosso ronconiano? Pur indimenticabile e tuttora nella antologia degli spettacoli più geniali, si tratta pur sempre di un approccio teatrale al poema, ancorché successivamente calibrato per il piccolo schermo. E poi è un’operazione di quasi cinquant’anni fa e gli attuali mezzi audiovisivi e di ripresa, dal digitale all’HD, autorizzano a far incamminare il paladino su nuove strade, anche perché egli da cinque secoli eccita l’immaginario collettivo. Non è successo già al ben più giovane Signore degli Anelli, peraltro fondato su un mito nordico? Non è avvenuto con la trasposizione cinematografica del britannico “Alice nel paese delle meraviglie”, trasformato da Tim Burton in “Alice in Wonderland”?
Simonetta Bartolini
“Sì, bisognerebbe proprio buttarsi nell’impresa”, concorda con noi una fine italianista, Simonetta Bartolini, ordinario di Letteratura alla Università degli Studi Internazionali di Roma. “E bisognerebbe farlo presto – continua – prima che gli statunitensi si impossessino di un capolavoro italiano. Ma si sa, noi nutriamo un atavico complesso di inferiorità nei confronti delle grandi tradizioni e lasciamo prendere l’iniziativa agli altri. Che poi il mito possa alimentare serie cult lo dimostra per esempio Lost che si fonda peraltro su lontane e intellettualistiche radici europee, tra cui il pensiero di Locke, il filosofo che dà il nome a uno dei personaggi. Insomma, oltreoceano attingono alla storia e alla cultura italiane, come è avvenuto con i Borgia, grossolanamente affrontati, mentre noi del nostro passato ce ne infischiamo”.
Ma funzionerebbe anche con un testo carismatico qual è il poema dell’Ariosto? “Certo. Non sono solo io a dirlo, l’Orlando Furioso è una delle prime opere a poter essere rubricata nel genere fantasy. In più vanta origini antiche e profondamente europee, dalla Chanson de Roland al teatro dei Pupi: miti e personaggi capaci di incantare ancora. Dico ancora di più: una trasposizione in serie televisiva gioverebbe alla popolarità di una storia in versi, quelle ottave che possono risultare difficili a un frettoloso pubblico contemporaneo. Il quale peraltro potrebbe rimanere incantato dai temi eterni dell’Orlando. I palpiti di un cuore innamorato, l’amicizia, lo stravolgimento dell’intelletto parlano ai nostri tempi, ne ritroviamo echi anche nelle cronache quotidiane. Per non parlare dei videogiochi o dei giochi di ruolo. Orlando è anche lì”.
Un’italianista, dunque, che non arriccia il naso di fronte a un’operazione che potrebbe annacquare il valore letterario, insomma l’aura del modello. “Io dico sempre ai miei studenti che la letteratura non è una cosa che sta a prendere polvere in un cassetto. E poi vorrei chiedere a uno studente al primo anno di università se non a chi passa per la strada: mi fai un riassunto dell’Orlando Furioso? Il novanta per cento resterebbe a bocca chiusa. Certo, un approccio televisivo opererebbe necessariamente una semplificazione dell’originale. Ma se è fatto con intelligenza, senza volgarità – perché nell’Ariosto c’è eros ma non pornografia – se rinuncia a soluzioni hard presenti per esempio nel Trono di Spade, allora ben venga”.
E quale regista sarebbe adatto all’impresa? “Tra quelli italiani forse Martinelli: è intelligente e non narcisisticamente ripiegato su se stesso, come un Sorrentino. Per l’Orlando Furioso ci vorrebbe insomma una firma che si metta al servizio dell’opera e non viceversa la ponga al proprio servizio. Allora si otterrà il risultato che allo spettatore verrà la voglia anche di leggerla, o rileggerla, l’opera divulgata tramite fiction. E io, italianista per mestiere votata alla parola scritta, sarò la prima ad applaudire”.
Laurentina Guidotti, Gianluigi Rondi e Giorgio Treves
Evoca il nome di Martinelli come firma di questa ipotetica serie ariostesca anche una produttrice cinematografica, Laurentina Guidotti, cui si deve tra l’altro il docufilm sul compianto GianLuigi Rondi proiettato alla Festa del Cinema di Roma. “Ok per Martinelli, o per Giacomo Battiato, che nell’83 realizzò I Paladini, Storie d’armi e d’amori. Un altro riferimento potrebbe essere I Trecento, il film Usa che narra degli Spartani contro i Persiani, avvincente nelle scene di battaglia. Che non mancano nel capolavoro dell’Ariosto”. “L’idea di trasporre l’Orlando Furioso per il piccolo schermo è buona – continua Guidotti – Gli effetti speciali attualizzerebbero il poema, smarcandolo dal paragone con la realizzazione di Ronconi e anche da una lettura filologica. Certo, sarebbe necessario un impegno produttivo di 20-25 milioni di euro. I Medici, la serie prodotta da Lux Vide in onda su Rai Uno dal 18 ottobre, sono costati 35 milioni di euro. Insomma, deve entrare in gioco un grosso gruppo. Che però ritengo sarebbe ripagato da un grande successo”.