Zeffirelli, forse il maggior regista di teatro e cinema del Novecento, appassionato di lirica tanto da aver calcato i più grandi palcoscenici del mondo, nel 2004 aveva già 81 anni: non solo era ancora in forze, ma non aveva perso nulla della pungente ironia – da autentico toscano – con cui era solito punteggiare il suo dialogo con chiunque.
Per quanto riguardava la pucciniana “Madama Butterfly” (1904), diceva di avere un solo rimpianto: di non aver potuto dirigervi Maria Callas – che egli stimava moltissimo e di cui conosceva le registrazioni dell’opera in forma di concerto (la Callas lasciò una sola interpretazione scenica di “Madama Butterfly”, realizzata a Chicago nel 1955 con la Philarmonia Orchestra), che definiva bellissime – e ciò per volontà del celebre soprano.
Ne ripeteva spesso le parole: “Cio-Cio-San è una geisha di 15 anni. Mi ci vedi tu nel personaggio?”. Ma nell’edizione dell’Arena di Verona, la geisha è la friulana Fiorenza Cedolins, soprano drammatico che ha spesso interpretato Butterfly anche alla Scala di Milano, e che è stata guidata altre volte da Daniel Oren, nella presente “Madama Butterfly” attento e sensibile direttore dell’Orchestra dell’Arena. Rivedremo perciò una delle meravigliose regìe dal palpitante realismo di Zeffirelli, rese ancora più credibili dai costumi bellissimi della giapponese Emi Wada, Premio Oscar 1986 per il film “Ran” di Akira Kurosawa.
Altri interpreti dell’opera sono Marcello Giordani nei panni di Pinkerton e Juan Pons in quelli del console Sharples. Ve ne sono anche altri: tutta la piccola corte di Cio-Cio-San, i parenti, lo zio Bonzo, che però la maledice per aver abiurato alla sua religione d’origine, onde poter sposare l’americano Pinkerton ufficiale della Marina degli Stati Uniti,. Ma la realtà è che questa così nota opera di Puccini consiste – come tutti sanno – in un grande monologo della protagonista, la geisha Cio-Cio-San, Butterfly, la farfalla.
La dolce fanciulla è innamorata dell’ufficiale, il quale intende sposarla con un rito giapponese, non valido in USA e ben sapendo di poterla ripudiare ritornando in America. Sappiamo che Puccini modificò più volte l’opera dopo la ‘prima’ alla Scala, non solo per ritocchi musicali, ma anche per rendere meno abietta la figura di Pinkerton: e alcuni teatri ancora ripropongono “Madama Butterfly” nella versione originaria. Comunque, il I atto si conclude con la scena del matrimonio, col canto soavissimo della sposina – “Dolce notte, quante stelle”- mentre Pinkerton invaghito la chiamava “Bimba dagli occhi pieni di malìa, ora sei tutta mia….sei tutta vestita di giglio… mi piace la treccia tua bruna”. Nel II atto inizia la lunga attesa di Butterfly, sola con il suo bambino e la fida cameriera Suzuki.
La sua fiducia è tale, si sente a tal punto americana, da non cogliere le allusioni del console statunitense Sharples, nemmeno quando questi le dice di Pinkerton: “Madama Butterfly… s’egli dovesse non tornar più mai?”. Diciamo subito che bellissino, celeberrimo, unico nel melodramma italiano, è il Coro a bocca chiusa (con melodia pentatonica di tipo orientale), che accompagna la notte di attesa della nave di Pinkerton da parte della dolce Butterfly, e che – spesso unito a una scenografia punteggiata di fiori e stelle – porta all’apice il lirismo e la poesia di tutta la musica pucciniana di quest’opera.
Comunque Pinkerton nell’ultimo atto torna dalla sposa giapponese, con una nuova moglie americana e pretendendo il figlio avuto da Butterfly: la giovane, nell’orrore della scoperta e temendo di essere privata anche del bambino, lo benda lasciandolo giocare e si uccide facendo harakiri secondo l’uso giappomese, con la spada donatale da suo padre, mormorando “Con onor muore, chi non può serbar vita con onore”.
La regìa televisiva è di Georg Blume, e domenica 27 agosto il ciclo di Rai5 si chiude con “Zelmira” di Rossini, data al Rossini Opera Festival nel 2009