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La cittadina prospetta sul lago di Costanza, e qui – come di consueto – su una piattaforma galleggiante verrà allestito lo spettacolo lirico. Dunque in uno scenario unico, che in certo modo viene incontro all’opera fiabesca, ambientata nel favoloso regno di una Cina mitica.
E’ amaro scriverne per chi, a Roma, inevitabilmente è spinto al confronto con la “Turandot” in corso fino all’8 agosto alle Terme di Caracalla, per la stagione del Teatro dell’Opera.
L’idea di collocare come fondale dello spettacolo la Muraglia Cinese è venuta in realtà sia al regista svizzero Marco Arturo Marelli per la “Turandot” austriaca, che al regista e scenografo Denis Krief per la “Turandot” romana a Caracalla. Ma la riproduzione dal vero di una Muraglia di 72 metri per 27 di altezza, ha richiesto agli austriaci un anno di lavoro, il quale ha incluso anche la riproduzione di 205 Guerrieri in terracotta (dei circa 700 – in origine dovevano essere 7000 – che ci ha restituito la famosa tomba dell’imperatore cinese Qin Shi Huang (260-210 a.C.) a Xi’an nel 1974, l’imperatore a cui di deve anche la costruzione della grande Muraglia: una scoperta favolosa, i Guerrieri bellissimi sono Patrimonio protetto dell’UNESCO, come la Muraglia stessa.
Bregenz e la Turandot
Questo allestimento, di una grandiosità forse eccessiva ma degna finalmente del capolavoro di Puccini, ci dà la misura della distanza fra l’Italia e l’Europa quanto a investimenti culturali.
Sul palcoscenico di Caracalla la mini-Muraglia di pochi metri era di legno e bambù, di Guerrieri nemmeno l’ombra: anzi il pavimento era ricoperto di anime dei pretendenti fatti uccidere da Turandot, in risibile forma di pianticelle dal fiore a testa di manichino, come nei quadri metafisici di De Chirico.
Per non parlare dei cantanti del Coro e delle Voci Bianche dell’Opera, tutti in giaccone rosso da irreggimentati cittadini della Repubblica Popolare Cinese. Non è questione di mancanza di idee, ma di mancanza di fondi, che non consentono agli artisti di ideare nulla di alto, perchè costoso.
luan Yitians soprano cinese
L’amarezza nasce dalla modestia e soprattutto mediocrità dell’impegno italiano e di Roma, per opere di nostri compositori grandissimi, che all’estero sono oggetto di un omaggio spettacolare come nel Festival di Bregenz in Austria per la “Turandot” di Puccini.
E’, questa, l’opera ultima del compositore toscano, rimasta incompiuta per la sua morte nel 1924 in un ospedale di Bruxelles, dove tentavano di strapparlo ad un cancro alla gola. Puccini si fermò al punto della morte di Liù: e l’edizione in corso a Roma lì si arresta, rinunciando (come Toscanini alla ‘prima’ della Scala nel 1926!) al pur decoroso completamento di Franco Alfano voluto da Ricordi, sulla base di 23 pagine di appunti lasciati da Puccini: cosa che ha sempre comportato – specie in questa già povera edizione di Roma – uno strappo drammaturgico e scenico, che Puccini non avrebbe voluto.
Riccardo Massi
Protagonista nella forte e possente partitura pucciniana, in questa “Turandot” di Bregenz, è la raffinata Orchestra Sinfonica di Vienna diretta dall’italiano Paolo Carignani, presente nei Festival di Spoleto, al Rossini Opera Festival, allo Sferisterio di Macerata, nei teatri internazionali, ed oggi direttore della Frankfurter Museumsorchester.
Nel ruolo feroce di Turandot è il soprano tedesco Katrin Kapplusch (che si alterna con altri due), il Principe Calaf sarà il tenore italiano Riccardo Massi (a turno con due altre voci), Liù è la giovane e promettente cinese Yitian Luan (con due altri soprano a turno), mentre Timur padre di Calaf è il già celebre Michail Ryssov.
Nella trasmissione televisiva la conduzione è di Silvia Corbetta col critico musicale Giovanni Gavazzeni, in diretta dall’Expo Austria di Milano, e prevede un’intervista al regista Marco Arturo Marelli. Per le repliche, controllare il settimanale Sky: guidatv.sky.it/guidatv.
Qui la Turandot dal Teatro alla Scala di Milano.