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E’ una edizione spettacolare, alla quale ben si presta l’unica opera comica di Verdi, ispirata a “Le allegre comari di Windsor” (1602) di William Shakespeare (ed anche ad “Enrico IV”), piena di personaggi e situazioni anche irreali e favolistiche, come del resto è anche il “Sogno di una notte di mezza estate” (1605) sempre di Shakespeare.
Sì, “Falstaff” è l’unica opera comica creata da un Verdi ottantenne, lontano dall’epopèa risorgimentale, dalle guerre d’Indipendenza, dai moti mazziniani, dall’eroismo dei patrioti: tutto ormai era avvenuto e la storia era andata avanti. Verdi creò, su buon libretto di Arrigo Boito, un’opera nuova, completamente nuova, che lasciò interdetto il pur affezionatissimo pubblico scaligero, accorso alla ‘prima’ in quel 9 febbraio 1893. Ed accorsero alla Scala per il nuovo lavoro del Maestro i giovani Mascagni e Puccini, il suo librettista Giacosa, il poeta Carducci, Letizia Bonaparte, il Ministro dell’Istruzione Ferdinando Martini e tanti altri, la cui fila dinanzi al Teatro è immortalata da un dipinto d’epoca.
Baritono era il celebre Victor Maurel, ampio il ricorso a trii e quartetti vocali ed il finale era a canone. Nulla che evidenziasse toni malinconici o un ripiegamento del vecchio Maestro in se stesso. Verdi fu chiamato alla ribalta 3 volte fin dal I atto, e ben 7 volte alla fine. C’è chi tuttora pensa ad un successo di stima, ma è difficile che il pubblico scaligero non si avvedesse del valore della partitura, con strumenti d’orchestra particolari quali il corno inglese, l’arpa, l’ottavino, atti a rendere il suono leggero e trasparente.
Eva Mei
Ma certo esso rimase interdetto. La critica ormai ha messo in luce in quest’opera raffinatissima il ritorno – in assenza ormai di spessi contenuti ideologici superati dalla storia – alla forma pura della creazione di teatro musicale, quale quella dei modelli di Mozart, Pergolesi, Rossini. L’opera, ambientata nel secolo XV in Inghilterra, ha al suo centro sir John Falstaff, vecchio e panciuto aspirante seduttore delle coniugate Alice e Meg, che d’intesa con altre comari progettano uno scherzo ai suoi danni, dandogli un appuntamento.
I mariti ne progettano a loro volta un altro – ma intanto Falstaff si presenta alle donne, che lo spingono in una cesta facendolo rotolare via – e preparano un altro appuntamento, cui Falstaff abbocca nuovamente. In una festa dei ‘congiurati’ travestiti da fate e folletti, il povero Falstaff in costume da cacciatore viene ridotto a mal partito: intanto si risolvono altri problemi amorosi – fra Nannetta e Fenton e non solo – e si arriva ad un lieto fine, che Falstaff saluta con la nota ed enigmatica frase “Tutto nel mondo è burla”. E’ nel “Falstaff” che torna, in bocca a Fenton e a Nannetta, la nota espressione che ha origine in una novella del Boccaccio “Bocca baciata non perde ventura, ma rinnova come fa la luna”, poiché il clima è quello di un gaiezza perenne. Verdi vi ha toccato un culmine qualitativo: anche il M°Metha – che dirige l’Orchestra del Maggio Fiorentino in questa edizione in onda il 10 agosto su Rai3, con la regia televisiva di Francesco Nesler – conferma l’assoluta bellezza in tutti i dettagli della miracolosa partitura.
Le prove del Falstaff
Ed il baritono Ambrogio Maestri – qui alla sua più che duecentesima volta nel ruolo – né dà una interpretazione viva, vitale, senza melanconici scivolìi nei ricordi e nel passato. I principali cantanti sono il soprano Eva Mei nel ruolo di Alice, Ekaterina Sadovnikova in quello di Nannetta, la nostra Laura Polverelli in quello di Meg, Yijie Shi nel personaggio dell’innamorato Fenton, ed altri ancora.