Ma, nonostante la prestigiosa firma degli sceneggiatori Sandro Petraglia ed Elena Bucaccio. lo svolgersi degli eventi presenta molti aspetti poco credibili e soprattutto poco legati alla realtà.
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Anna Pozzo (Violante Placido) torna nel proprio paese, la fittizia cittadina di Calura, dopo venti anni a causa del trasferimento del marito ingegnere in una zona vicina. E’ il solito pretesto narrativo per proporre una serie di eventi che coinvolge la sua vita privata e professionale.
Ottima l’intenzione di mettere in evidenza la forza e il coraggio delle donne in una vicenda che è tutta incentrata sull’universo femminile. Ma ci sembra che, nell’inseguire un obiettivo lodevole, si sia caduti nell’eccesso opposto: una prevalenza di figure al femminile tra le quali spicca quella di Anna.
Anna pretende di essere l’incarnazione esaustiva di un mondo nel quale la sceneggiatura ha voluto convogliare tutte le tematiche esistenziali. Intorno a lei ruotano i vari aspetti del racconto: i problemi dei figli, della scuola, del lavoro, l’impatto con la mafia, lo scontro frontale con la delinquenza organizzata alla quale non cede. Infatti la fine della prima puntata mostra proprio le minacce del boss Giannino Cafuero (Michele Placido) alla donna che gestisce l’amministrazione del paese. Un sovrapporsi di piani di lettura che, già dalla prima puntata, fanno intravedere un seguito abbastanza scontato. Insomma Anna è il simbolo di tutte le donne del Sud chiamata, nella fiction, a dare un futuro migliore al suo paese.
Il prodotto è molto pretenzioso, confezionato con un mix di ingredienti miscelati ad arte che suscitano poco calore comunicativo soprattutto perchè non riescono ad amalgamarsi nella misura giusta.Molti i riferimenti al libro della Alcott Piccole donne nei rapporti di Anna con le sue ex amiche di un tempo.
Ma su tutto spicca “la luce” della fiction che assurge a vero e proprio protagonista. E’ la luce dei paesaggi del meridione rappresentati tutti in Calura. Un elemento che, dominando nel racconto con inquadrature di grande bellezza, fa ben sperare per il prosieguo della storia. Ingredienti questi, che richiamano le atmosfere del Montalbano di Camilleri.
Violante Placido ha offerto un’interpretazione dignitosa. Il resto del cast ha evidenziato alcune ingenuità espressive. Promossa a pieni voti la regia di Michele Soavi.
Perchè gli italiani vogliono essere dependenti dell’inglese? Perchè usano parole come “fiction”, que in inglese proviene del latino? Non hanno una parola italiana come finzione? Non capisco, come studente ed amante del italiano, che lascino inondare la vostra língua con queste tipo de parole inutili.