Iannacone presenta ai telespettatori l’impegno trentennale del regista Armando Punzo che da trent’anni si reca ogni giorno, nel carcere di Volterra. L’obiettivo, oramai raggiunto in pieno, è di coinvolgere i detenuti in un progetto teatrale e culturale che si è concretizzato nella fondazione della “Compagnia della Fortezza” di cui Punzo è anche direttore.
Il conduttore si chiede: quali motivazioni spingono un uomo libero a varcare la soglia di un carcere ogni giorno per anni? Perché si auto-reclude? E soprattutto qual è il suo rapporto con i detenuti che trasforma in attori?
Iannacone segue Punzo nel suo lavoro e ne ripercorre i 30 anni di lavoro. Spiega al pubblico che inizialmente Punzo era considerato con sospetto, quasi avesse voluto compiere un’operazione eversiva. Con il trascorrere degli anni, il suo impegno a favore dei detenuti è stato apprezzato soprattutto perchè ha allestito, all’interno della prigione, spettacoli culturali di altissima qualità, da Shakespeare a Borges.
La puntata di questa sera segue proprio l’allestimento e la rappresentazione di Beatitudo di Jorge Luis Borges.
Il rapporto di Punzo con i carcerati è sempre stato improntato a grande rispetto. Il regista non ha mai chiesto a nessuno quali crimini stesse scontando. Ha avuto con tutti il medesimo approccio professionale e umano, non ha mai imposto ruoli da interpretare. Al contrario ha sempre lasciato agli stessi detenuti la libertà di scegliere la parte ed il personaggio preferiti senza mai interferire.
In quest’ottica Armando Punzo ha trovato la propria dimensione umana e professionale. I telespettatori comprenderanno, attraverso il racconto di Iannacone che Punzo non si pone il problema della redenzione o del reinserimento sociale di chi sconta una pena. Vuole soltanto far emergere in ciascuno dei detenuti l’umanità che pure esiste in ogni essere umano.
Inoltre, in ogni spettacolo che mette in scena consente la riaffermazione del diritto di esistere come individuo al di là di qualsiasi crimine e reato commesso.
Questo progetto, unico nel suo genere, è studiato da ricercatori e sociologi che arrivano da ogni parte del mondo per valutarne le positive conseguenze.
Iannacone ha raccolto le testimonianze dei detenuti: tutti si sono dichiarati soddisfatti dell’esperienza che ha restituito loro la voglia di sentirsi vivi e reagire. Anche coloro che sono oramai liberi tornano nel carcere per aiutare gli altri nell’allestimento di spettacoli teatrali e restano legati al progetto.
“Anime salve” si pone, in questo modo, come un viaggio sospeso tra finzione teatrale e realtà. Domenico Iannacone entra in contatto con i protagonisti di questa esperienza rivoluzionaria, raccoglie le testimonianze di coloro che hanno ucciso e di chi è stato condannato per un solo furto. Parla con ergastolani e con ex detenuti che svelano storie e scelte di vita.