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Apre proprio il direttore di Rai 1: “Portare Cose Nostre in prima serata significa proporre un linguaggio molto diverso rispetto a quello solitamente utilizzato nel racconto informativo televisivo: è tutto realizzato in esterna, non c’è ombra di uno studio. Continueremo poi a ottobre: con orgoglio, questa è una produzione tutta Rai, e portandola in prima serata cerchiamo di assicurare la massima visibilità”.
Claudio Fava sottolinea come il racconto sia privo di epicità: si tratta di storie che, tutte insieme, ne raccontano una più grande. La narrazione televisiva ritrae i protagonisti nella loro quotidianità: “Non sono storie in cui ci si batte il pugno sul petto”, ma ci raccontano di un paese povero, perché le inchieste vengono svolte in condizioni precarie, in grado di resistere.
“All’inizio non ero convinto. Ho deciso di raccontare la mia storia -spiega l’ex sindaco di Rizziconi Bartuccio– affinché potesse svegliare le coscienze sopite: non bisogna essere eroi, ciascuno di noi deve fare quando è chiamato a farlo”.
La parola passa e Emilia Brandi: “Dopo il primo ciclo, la Calabria ci era rimasta dentro: era difficile tutto, più che in Campania e in Sicilia. Un territorio più difficile tra quelli in cui eravamo stati. Televisivamente, la Calabria è una terra di cui non si parla, quindi anche il procuratore della regione ha raccolto il progetto con grandissimo entusiasmo: mentre stavamo facendo il nostro lavoro, ci sentivamo parte di qualcosa di ancora più grande”.
Vittorio Di Trapani dell’Usigrai: “Il senso del servizio pubblico è in esperienze come queste. La Rai deve continuare su questa strada, in quanto ha un ruolo decisivo nella costruzione del futuro e per dare un contributo all’innalzamento della qualità della democrazia”.
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A differenza della prima stagione, il nuovo ciclo inaugurato da questo speciale mostrerà la pervasività della mafia: stavolta infatti, al centro delle storie, non ci sono persone che hanno scelto lavori particolari, ma cittadini comuni. Non giornalisti, ma persone che, ad esempio, hanno pagato con la vita per aver impedito a mucche di pascolare sulle proprie terre.
La conferenza si conclude qui.