A tra poco con la diretta.
Nel 2008 Mantova è stata nominata Patrimonio dell’UNESCO, culla del medioevo e del rinascimento. Per 4 secoli è stata la reggia dei Gonzaga, famiglia che ha dominato la città regalandole bellezza e cultura.
La posizione geografica di Mantova è strategica, circondata da un sistema di laghi che la difendevano rendendola difficilmente attaccabile. Grazie alle acque la terra di questa zona era culla di fertilità e fu proprio questa a portare al potere i Gonzaga, una famiglia contadina che aveva accumulato grandi ricchezze.
Nel 1328 sconfissero l’ultimo dei Bonaccorsi. I Gonzaga si fecero poi costruire il Castello di San Giorgio, un edificio quadrangolare capace di respingere qualsiasi assedio. Nella torre nord-est Mantegna creò la “più bella camera del mondo”: la Camera degli sposi. Il vano in realtà non era una camera da letto e non aveva a che fare con degli sposi, era finalizzata a far capire agli ospiti la potenza della famiglia regnante. I Gonzaga sono raffigurati il 1 gennaio 1462, giorno in cui fu comunicata l’urgenza di soccorrere il Duca Francesco Sforza, ma al contempo fu annunciato l’arrivo di Francesco – il secondogenito di Ludovico II.
Sono moltissimi i volti noti che si possono individuare negli affreschi del Mantegna e sullo sfondo la città di Roma, che viene però rappresentata in modo fantasioso, posizionata su una collina.
Sul soffitto un oculus, un’apertura sul cielo, come quella del Pantheon. Ci sono putti, fanciulle, un vaso, un pavone, espedienti per dare profondità e prospettiva allo scorcio.
Nascosto tra fronde anche il volto del Mantegna, quasi a spiare coloro che ammiravano la sua opera.
Palazzo Ducale racchiude in sé 35000 metri quadrati ed è la seconda reggia più estesa in Europa dopo il Vaticano. Comprende 1000 stanze, ogni duca ha voluto aggiungere un’ala per sé. Nel Palazzo Ducale vivevano tra le 2000 e le 3000 persone. La parte più antica dell’edificio si chiama Corte Vecchia, sorta intorno agli edifici medievali.
La Galleria della mostra era il luogo più prezioso del palazzo, racchiudeva i capolavori degli artisti più importanti dell’epoca. A raccoglierli era stata Isabella d’Este, donna carismatica, vero mecenate dell’epoca. Le presta il volto Vittoria Belvedere.
La collezione oggi è dispersa nei musei d’Europa, poichè il duca Vincenzo II li ha venduti a Carlo I Stuart.
Palazzo Te è un altro importante edificio di Mantova. Voluto da Federico II Gonzaga, figlio di Isabella d’Este. Vi si poteva pescare, il luogo era un’isola raggiungibile solo in barca. Artefice della costruzione dell’edificio fu Giulio Romano.
Federico voleva elevare la propria posizione da marchese a duca e per farlo doveva conquistare il favore di Carlo V. Palazzo Te contribuì ad innalzare la sua casata.
I cavalli prediletti di Federico II sono raffigurati in affreschi.
Nel salotto di Amore e Psiche troviamo invece alcuni tra i dipinti più belli. Il mito ricorda molto l’amore tra Federico II ed Isabella Boschetti, donna di lignaggio più basso rispetto al suo e per questo considerata non degna dalla di lui madre.
Le figure che troviamo negli affreschi sono estremamente sensuali e lascive, ma d’altronde l’intento del Palazzo è dichiarato: ricrearsi ed oziare dopo il lavoro.
La Sala dei giganti è un omaggio a Carlo V, vuole rappresentare il tentativo di prendere il potere da parte della coalizione degli Stati Italiani e vuole ricordare all’Imperatore la fedeltà e l’aiuto di Federico II. La sala non ha spigoli, è come se gli affreschi circondassero completamente l’osservatore.
Lasciamo Mantova e viaggiamo velocemente tra le meraviglie.
L’Isola di San Giulio sul Lago d’Orta è un vero gioiello. La presenza umana sull’isola è testimoniata sin dal neolitico.
Di Segesta (in Sicilia) è rimasto poco: il teatro scavato nella roccia (che ancora oggi ospita spettacoli l’estate) ed il tempio.
Arriviamo poi a Roma, a Piazza Navona. Maestosa, solenne, vivace, la piazza racchiude in sé tutti gli aspetti della capitale.
Nell’86 d.C. Dominiziano decise di realizzare un luogo dove si gareggiasse sia fisicamente che culturalmente. L’idea era di chiara ispirazione greca. Il luogo prescelto era il Campo Marzio, lì fu costruito il primo stadio in muratura dell’antica Roma. Ancora oggi troviamo le rovine nei sotterranei e nelle cantine degli edifici sotto Piazza Navona. Lo stadio poteva ospitare circa 20000 persone (la metà di quelle ospitate dal Colosseo). Il nome della piazza ricorda ancora oggi le gare (agones) ed il nome originario (campus agonis).
Gioacchino Belli scrisse un sonetto per Piazza Navona e Gigi Proietti lo declama.
Durante il rinascimento la piazza divenne luogo di mercato. Bernini e Borromini le diedero prestigio però con le proprie opere. Piazza Navona fu il punto focale della loro rivalità.
I quattro colossi del Bernini richiamano l’Africa; vi sono un armadillo, un fico d’India ed un indios che richiamano l’America. Proprio quest ultimo alza la mano a coprirsi il volto. In segno di sdegno per il palazzo di Borromini, si dice, ma in realtà questa è solo una leggenda. L’indios si scherma dal sole che batte proprio da quella parte della fontana. Vi è il Gange, richiamo d’India.
All’interno del palazzo del Borromini troviamo la galleria Cortona, che racchiude un ciclo di affreschi di Pietro da Cortona che rappresentano la vita di Enea.
Una statua della Chiesa di Sant’Agnese ha il volto girato, come a non voler guardare l’obelisco della fontana del Bernini.
Lasciamo anche Roma e riniziamo a viaggiare per l’Italia.
La Cattolica di Stilo è una gemma dimenticata dal tempo, una piccola chiesa di forma quadrata. Ha cinque cupole che viste dall’alto sembrano i petali di un fiore. Monteriggioni sorge su una collina della via Francigena.
Ed ecco poi l’ultima meta di questa puntata: Amalfi. Patrimonio dell’Unesco per la bellezza della natura, ma non solo. Amalfi è stato un crocevia di popoli e culture.
Qui nacque il mito di Ligenia, Leuconoe e Partenope, tre splendide fanciulle che attiravano i marinai facendoli andare a sbattere con le navi contro la scogliera.
Le coste sono ricche di paesini arroccati, perchè nel Medioevo era lì che la gente viveva e si rifugiava per sfuggire alle incursione dei Saraceni.
Potenza marinara, nel 1131 fu attaccata dai Normanni e distrutta dai Pisani. Le tavole amalfitane erano un codice per la navigazione ed il commercio, uno statuto mantenuto ben oltre la caduta di Amalfi. La città era il punto di contatto tra Oriente ed Occidente.
La Cattedrale di Sant’Andrea è uno dei luoghi storici di Amalfi, anche se fu ricostruita dopo un crollo ottocentesco. Nacque dalla fusione di due chiese e per questo aveva 6 navate. I battenti sono di bronzo, fuso a Costantinopoli.
Sant’Andrea era il patrono di Costantinopoli ed intorno al XVI secolo le sue spoglie sono state portate ad Amalfi per essere venerate.
Il Chiostro del Paradiso ha una storia antica. Nel 1200 vi sorgeva la sesta navata della struttura. Possiamo trovarvi decori in stile cosmatesco, sarcofagi romani, bizantini, greci, un mix di tutte le culture che hanno influenzato questo luogo.
Recentemente è stata ritrovata la testa di un’Afrodite, rimasta per secoli sott’acqua. Alberto Angela si immerge per mostrarci il mondo scomparso, la città che si nasconde sul fondale marino.
Sotto la superficie si nasconde una vera e propria Atlantide tirrenica. Mura di ville sfarzose, mosaici, statue, vi si cela un tesoro immenso.
Si conclude qui la prima parte del nuovo viaggio di Alberto Angela. Appuntamento a martedì prossimo.