Seguiamo insieme il documentario.
309 vittime, 55 ragazzi, universitari fuori sede. Roberta, 36 anni, viveva nella casa dello studente con Michele, vittima del terremoto. Matteo, 34 anni, parla del suo locale preferito, lo Student Bar e ricorda le scosse che colpivano la città da gennaio.
22.47 l’Aquila viene colpita dalla prima scossa. Roberta vede ancora davanti a sè Michele, con il suo pigiama a righe colorate. Matteo e la sua fidanzata Daniela, 22 anni, spaventati si mettono a dormire con i loro coinquilini.
00.38 la paura aumenta. Nel corridoio di casa, Roberta e un suo amico scelgono di andare a dormire in macchina e di lasciare in casa Michele, per non disturbarlo, il giorno dopo avrebbe avuto un esame. Marianna, 34 anni, era fuori con Alessio, il suo fidanzato, quando lui decide di tornare a casa.
Alessandro, Giusy, Genny, tre fratelli impauriti, in bilico tra la vita e la morte. Come si sentono questi ragazzi? Precari. Questa è la loro condizione.
3.31 la scossa più forte. Tutta la città si sveglia, c’è chi già era uscito e dormiva in un parcheggio, chi invece sente la propria casa sollevarsi da terra. Questo il caso di Matteo, che in un urlo di disperazione stringe per l’ultima volta la mano di Daniela, sepolta dalle macerie.
Alessio era allo studentato, il padre Roberto chiamava insistentemente, nessuno dava notizie del figlio. Alla casa dello studente, i ragazzi si fidavano, la struttura era nuova, in cemento, non doveva crollare. Oggi però quel palazzo è un fantasma, un ricordo lontano.
Dopo la scossa all’Aquila ci sono due mondi, uno di sopra e l’altro di sotto. Il tempo sotto le macerie è lento, non passa mai.
Sotto i piedi di Alessandro, alla ricerca impazzita delle sorelle, Genny e Giusy, si sente una voce, quella di Valeria, 34 anni. La ragazza si muoveva a malapena, sentiva gli operai sopra di lei muoversi, ma nessuno la vedeva. “Se non sono morta, è perchè qualcuno mi salverà” questo era l’unico pensiero a tenere in vita Valeria. Dopo 23 ore la ragazza viene estratta.
I soccorritori, vigili del fuoco e cittadini dell’Aquila, sono ancora oggi provati e faticano a esprimere a parole le sensazioni di quella notte di terrore. Il clima di guerra, il sangue, la gente scalza e in pigiama, radunati in una piazza. Roberta rivive lo stupore dei suoi colleghi scioccati nel vederla lì con loro. La sua casa era crollata. Daniela la sorella di Michele, era lì ad aspettare notizie, aspettando solo di scappare, andare via da quella strada costellata di cadaveri, fin quando arrivò il momento del riconoscimento. Quel ragazzo con il pizzetto era Michele.
Una corsa contro il tempo, le madri, mentre tutti scappano, corrono verso il centro della città alla ricerca dei loro figli. Ventisette morti, tanti di loro studenti universitari. Eleonora, 30 anni, una ragazza sorda, per lei quei rumori non esistevano, lei da sotto le macerie non poteva far uscire il suo grido d’aiuto, per lei il ricordo di quelle ore è ancora più atroce. “Non volevo morire lentamente”, Eleonora si sarebbe tagliata un braccio pur di non rimanere bloccata tra quei blocchi di cemento. Dopo 42 ore è stata l’ultima persona estratta dalle macerie dell’Aquila.
Matteo dopo tante ore intrappolato sotto i detriti, sentiva gli occhi bruciare, la polvere impastarsi nell’aria. Il suo pensiero era rivolto solo a una persona, la fidanzata Daniela. Lui è stato trovato e portato fuori dai vigili del fuoco, Daniela non ce l’ha fatta e nel forte abbraccio del padre, se ne è andata.
Francesco e Simone a un passo dalla morte erano insieme, scherzosamente Simone ricorda di aver trovato il casco di Francesco e di avergli chiesto il permesso per indossarlo, tanto era lo shock. Dopo ore, una luce, la prima speranza.
” Quando siamo usciti faceva caldo “. Alessandro cercava disperatamente Genny e Giusy tra tutte le persone che venivano caricate nelle ambulanze, ma di loro nessuna notizia. Fin quando, dopo giorni, alla Guardia di Finanza, stese sotto un lenzuolo, in riga con altre salme, Alessandro le vede per l’ultima volta.
Tutti i sopravvissuti hanno risentito fisicamente della tragedia affrontata. Hanno difficoltà nella deambulazione, nell’uso delle braccia. Le vite di questi giovani sono proseguite, c’è chi si è sposato come Francesco, chi è andato a vivere in un altro Paese, chi come Roberta ha scelto di restare all’ Aquila e occuparsi della ricostruzione.
“É impossibile dimenticare per chi c’era, e fa rabbia vedere chi da lontano dimentica o ha già dimenticato questa generazione.”