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Si inizia con la storia di Maskarem, che proviene da una famiglia etiope molto numerosa e povera. Proprio a causa della povertà, la sua famiglia decide di acconsentire all’adozione della figlia di appena 5 anni, così nel 1983 Maskarem arriva in Italia. A parlare della sua infanzia la mamma adottiva, ma è la stessa giovane donna a parlarci della sua vita e dei suoi sogni. La rabbia nei confronti dei genitori che l’hanno lasciata andare è sfumata e scomparsa definitivamente con la nascita del suo piccolo Matteo. Ma c’è una domanda che la perseguita: “Perchè io e non un altro mio fratello?”. I due conduttori sono alla ricerca della famiglia di Maskarem. Bisogna ripartire da Suor Corona, che ha accompagnato Maskarem nel viaggio dall’Etipia all’Italia. Ma arrivati al convento scoprono che Suor Corona è venuta a mancare nel 2013 e che le Missionarie, all’epoca, erano contrarie alle adozioni e quindi la suora ha fatto tutto da sola, senza lasciare tracce.
Il conduttore e Maskarem partono per l’Etiopia con una fotografia e si mettono in contatto con una cooperativa. Tutti sono molto disponibili nell’aiutare Maskarem a cercare il papà: Beyene Badane, che lavorava proprio nella cooperativa. Le foto iniziano a circolare e alla donna sembra di riconoscere alcuni luoghi e case, una di queste potrebbe essere la sua. Le emozioni sono tante, come i ricordi di Maskarem. C’è un altro indizio da seguire, l’università frequentata dal fratello, ma il suo nome non appare negli archivi. Grazie ad un passa parola e ad una lettera, Pablo e Maskarem arrivano al Quartiere Rowanda, qui potrebbero trovare il fratello della ragazza. Ad accoglierla c’è una suora che però non riesce a ricordare e ad aiutarli. Il morale della ragazza è a terra, la possibilità di ritrovare la sua famiglia sembra sempre più lontana. Valentina Petrini, dall’Italia, suggerisce di portare Maskarem nei suoi luoghi dell’infanzia. Da alcune foto, Pablo riesce a risalire anche alla targa della macchina di uno dei fratelli della protagonista.
Dopo una settimana di ricerche finalmente una speranza, la macchina relativa alla targa è stata trovata. Il viaggio li conduce da alcuni missionari italiani, qui un padre riconosce il fratello di Maskarem e li conduce nella sua abitazione. Il momento è toccante, i due fratelli si abbracciano dopo oltre 30 anni di lontananza. Le cose da raccontarsi sono tantissime, fortunatamente anche i genitori di Maskarem stanno bene e i due decidono di fargli una sorpresa. La ragazza non riesce a trattenere le lacrime, a tenerle la mano il fratello ritrovato. In un abbraccio collettivo la famiglia si riunisce, per i genitori è un miracolo, il padre la riconosce dalla voce. Finalmente Maskarem scopre la verità: Suor Corona, con la promessa di far tornare Maskarem dopo sette anni, aveva convinto i genitori a lasciarla andare, facendo perdere poi le sue tracce.
Un allontanamento doloroso, che ha però salvato la vita alla bimba, metà dei suoi fratelli infatti, a causa delle condizioni di povertà, non ce l’hanno fatta. Si conclude così la prima storia, ma la puntata continua con il racconto della vita di Giuseppe Gulotta.
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Un altro racconto toccate, si tratta infatti della storia di un uomo che è rimasto in carcere per 20 anni, pur essendo innocente. Il muratore di Certaldo è stato condannato ingiustamente nel 1976 per l’uccisione di due carabinieri in quella che viene ricordata alla storia come la strage di Alcamo Marina. La prima confessione di colpevolezza viene rilasciata sotto tortura ma davanti al giudice Gulotta ritratta e si dichiara innocente. Nonostante ciò viene condannato all’ergastolo. Oggi, Gulotta, vorrebbe ritrovare i suoi vecchi amici, scappati in Brasile per fuggire all’ergastolo e mai più tornati. Lo accompagna in Brasile Valentina Petrini. Il primo ad essere cercato è Gaetano Santangelo, ora imprenditore.
Trovato Santangelo, Gulotta può riabbracciare il suo amico che racconta gli attimi di paura e panico vissuti in quei giorni e le torture subite dai carabinieri. Oggi Santangelo ha 3 figli, ma ancora c’è chi lo accusa di essere un criminale. Il gruppo contatta anche Giuseppe Ferrantelli, anche lui accusato dell’omicidio dei carabinieri e fuggito in Brasile. Quello che scopriamo è che, dopo la condanna all’ergastolo, i due sono fuggiti in Brasile con un passaporto regolare, secondo i condannati qualcuno all’interno della questura credeva nella loro innocenza: si tratta del carabiniere Renato Olino, che ha assistito alle torture e la sua testimonianza è stata fondamentale per scagionare Gulotta. La Petrini decide di recarsi con Gulotta a casa del signor Olino.
Ma la Petrini, con l’aiuto di Trincia, vuole ritrovare anche un altro personaggio chiave: Giuseppe Scibilia, anche lui carabiniere che ha assistito alle torture nei confronti degli accusati.
La tranquillità di Gulotta, nonostante l’ingiustizia subita e la libertà rubata, è impressionante. L’uomo si sfoga fumando sigarette, l’incontro con Scibilia è fondamentale, si tratta infatti di uno dei carabinieri che indagò sulla strage. Alla fine però Scibilia non se la sente di incontrare Gulotta, è la conduttrice a registrare la conversazione con il carabiniere che nega però la violenza nei confronti degli accusati.
Le indagini di Valentina Petrini continuano portandola a Trapani, dove lavora Antonio Federico, un poliziotto che ha ipotizzato il collegamento tra i trafficanti di armi in Sicilia e i due carabinieri uccisi. La conduttrice segue da lontano il poliziotto poi finalmente avviene l’incontro. Ma il momento più difficile deve ancora arrivare: l’incontro con i parenti delle vittime. La conduttrice incontra la sorella di Carmine Apuzzo, uno dei due giovanissimi carabinieri assassinati, che però non riesce ad incontrare Gulotta. Alla fine, ciò che distrugge Gulotta è il dubbio che la gente continua ad avere sulla sua innocenza.
Quello che tutti chiedono è verità e giustizia.
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incredibilmente, mi avete fatto piangere….soprattutto guardando il padre……B R A V I!