Protagonista della puntata la storia di Antonia Maria lannicelli, mamma del piccolo Nicolò Campolongo, ucciso brutalmente e poi bruciato dall’ ‘ndrangheta ad appena tre anni, insieme al nonno Giuseppe e alla sua compagna di origini marocchine Ibtissam Touss. Un caso di cronaca che, per la sua efferatezza, nel 2014 sconvolse l’Italia e spinse papa Bergoglio a scomunicare i mafiosi.
Da bambina osserva suo padre muoversi nel mondo dello spaccio per conquistare un posto di rilievo nel traffico degli stupefacenti, legandosi al clan degli zingari che occupano il quartiere di Timpone Rosso nel paese di Cassano allo lonio. Un’educazione che la porta a sbagliare ed a intraprendere la strada dello spaccio.
Dalla prigione in cui si trova, la donna ripercorre assieme a Cose Nostre la tragica vicenda che portò alla morte del suo bambino, per tutti chiamato Cocò. La drammatica storia di Antonia è il racconto di una madre costretta a pagare ad altissimo prezzo le regole atroci della ‘ndrangheta, che per affermare la sua egemonia sul territorio non si è fermata davanti a nulla, neanche di fronte ad un bimbo innocente.
In seguito alla carcerazione del padre, Antonia malgrado sia cresciuta senza di lui, gli è molto legata, e per questo motivo quando Giuseppe Iannicelli ancora detenuto, un giorno le chiede di recuperare una partita di eroina, lei non si tira indietro;
Aveva un telefonino segreto e di nascosto, mi ha telefonato dicendomi di andare a prendere una borsa che si trovava in una montagna, ed io l’ho ascoltato. Come sono arrivata ho preso la borsa, e l’ho nascosta nel mio giubbotto. Ma all’improvviso sono arrivati i carabinieri, io ho nego tutto.
Le forze dell’ordine sequestrano due chili d’eroina, 10 mila dosi per un valore di un migliaio di euro. Trovando la borsa di Antonia, procedono al suo arresto.
La Piana di Sibari è la pianura più grande della Calabria, si trova sul versante Ionico tra il massiccio del Pollino, e quello della Sila, è un luogo ricco di storia, di una bellezza sorprendente, ma è anche una delle più importanti piazze di spaccio della Calabria. Come afferma il Comandante dei Carabinieri di Cassano allo Ionio, un supermarket degli stupefacenti.
Vi sono storicamente due clan n’ndrangheta, uno fa a capo alla famiglia abruzzese, definiti gli zingari di Cassano, giunti alla fine degli anni 70′, hanno occupato un comprensorio di case popolari, detto il Timpone Rosso, e l’altro fa capo alla famiglia Forastefano. Il loro business è il mondo della droga, ma non solo, anche le estorsioni, ed il controllo della prostituzione. I due clan in continua competizione si contengono il territorio, da anni.
Antonia Maria è una bambina cresciuta in fretta in una famiglia di spacciatori che vende l’eroina degli abruzzese. Suo padre Giuseppe Iannicelli detto Apeppa entra ed esce dal carcere, è un pesce piccolo ma ha grandi ambizioni criminali, che lo portano presto ad infrangere le regole del clan. Spacciava droga per conto degli Zingari, e lo faceva prevalentemente nella zona del centro storico, dove aveva anche i suoi sodali, e l’aiuto del proprio nucleo familiare.
La mia infanzia era tranquilla, all’inizio non capivo perché mio padre non si trovasse spesso a casa, ci ha cresciuto mamma. Quando lo andavo a trovare in carcere lui diceva che lavorava, faceva lo chef, qui in carcere, per me vederlo in quel posto era normale, ma i miei compagni di scuola sostenevano il contrario. Pian piano sono cresciuta, e ho capito ciò che vi era intorno alla mia famiglia.
In seguito all’arresto della donna, a soli 15 anni vi erano tutti i presupposti affinché lei potesse diventare un piccolo boss, ossia in futuro il gestore in prima persona dell’intero traffico. Eppure nonostante la giovane età, e la paura non rivela nulla di ciò che conosce, per non tradire suo padre e la sua famiglia.
Viene trasferita nel carcere minorile di Nisida nel Golfo di Napoli. A Cassano, però, è rimasto Nicola il suo fidanzatino dai tempi della scuola, anche lui già segnato da piccoli precedenti, che decide di aspettarla. Antonia Maria viene messa alla prova in una casa famiglia di Nicastro, fa amicizia con le altre ragazze, va a scuola, sembra serena e studia da estetista, il suo sogno è diventare parrucchiera.
Dopo 3 anni, la nostalgia per il fidanzato Nicola diventa insostenibile, così la giovane donna decide di ritornare a Cassano, e di costruire una famiglia insieme lontana dalla vita malavitosa. I due hanno 3 bimbi, Desi, Ilenia ed il piccolo Cocò. Ma presto le spese diventano insostenibili, ed il lavoro di bracciante nei campi del compagno non basta.
I due genitori decidono di intraprendere la strada dello spaccio, contro il volere del padre di Antonia, Giuseppe Iannicelli, infatti la riteneva poco furba. Per lui essere scaltri significava comprare la droga al prezzo più basso, sfruttando le sfortune criminali dei Forastefano e Abruzzesi. Ma per gli zingari non valevano le leggi di mercato, e pretendevano fedeltà assoluta.
Così, il 10 giugno 2011, alle 4:30 del mattino Antonia ed il marito Nicola vengono arrestati dai carabinieri. Nella stessa operazione sono finite in manette anche la zia Simona, e la nonna Carmela Lucera.
Poco tempo dopo, data la sofferenza del piccolo in carcere, la madre è agli arresti domiciliari, ma avendo violato i termini e le modalità accordate, viene arrestata una seconda volta per evasione, e Cocò affidato al Nonno Giuseppe, tornato da poco in libertà dopo 7 anni, per spaccio di stupefacenti e detenzioni di armi.
Addetto alle pulizie dei bagni pubblici di Cassano, era ancora convinto, che gli spettasse una maggiore autonomia nella gestione delle piazze di spaccio in segno di riconoscimento del suo silenzio, eppure era ancora ritenuto poco affidabile. Sfruttava due balordi di città conosciuti in carcere Donato Cosimo, e Campilongo Agostino.
Gli stessi che il 16 gennaio del 2014, colloborano alla sua uccisione
Cocò Campolongo era utilizzato dal nonno, il boss della droga Giuseppe Iannicelli, come protezione. Pensava che, avendo un bambino con sé, i sicari non si sarebbero mai permessi di ucciderlo.
Tuttavia, il piccolo ha comunque perso la vita, ucciso con vari colpi di pistola, e bruciato insieme alla compagna del nonno, Ibtissam.