Ai microfoni di Giulio Golia, Lucia, madre della vittima, ha dichiarato:
C’è stata fin dall’inizio un’omissione di soccorso. Perché nessuno ha fatto il 112? Dal locale dove stavano, i Carabinieri ci avrebbero messo 3-4 minuti perché erano vicini.
Sarebbero arrivati subito, ma nessuno ha chiamato. Hanno chiamato tanto tempo dopo. Un ragazzo, perché passando ha sentito le urla, un ragazzo di passaggio ha chiamato. Nessuno dei presenti del locale e chiunque stava lì non ha chiamato. Là sopra a quel locale ci sono i palazzi con gli appartamenti, con le persone che sì sicuramente dormono, c’è chi non può sentire, ma un pestaggio del genere… “Aiuto”, Emanuele ha gridato aiuto. Ma io sono convinta che lo stavano aspettando, era preparata questa cosa. Noi pensiamo che fosse una vendetta, punto.
L’inviato ha, inoltre, intervistato Melissa, sorella di Emanuele Morganti. La donna spiega la sua versione dei fatti, una tesi di cui è al corrente la Procura che, in queste ore, prosegue le sue indagini. Di seguito alcuni stralci:
Iena: Ma secondo te (ndr, Emanuele) è capitato al posto sbagliato al momento sbagliato? C’era un qualcosa d’altro, era una vendetta?
Melissa: Io lo credo. Emanuele intorno a novembre-dicembre mi racconta che era su ad Alatri e dice “lo sai ci sta uno che mi vuole menare. Sai, ieri mi è successa questa cosa, ero su… Lo sai c’è una ragazza che mi guarda sempre, però è fidanzata… Ci sono andato a parlare”.
Iena: Era la fidanzata di qualcuno?
Melissa: Sì, e mi dice “sai, abbiamo parlato un po’, sono andato a prendere le sigarette e l’ho vista, mi sono messo a parlare. Mentre ce ne andavamo il fidanzato la stava picchiando, l’ha presa a botte, la stava massacrando. E io mi sono messo in mezzo. […] Io sono andato a fermarlo…”. E io gli ho chiesto, “Ma, chi è questo?”. Mi dice questo nome dopo insistenze, e gli dico “ma che hai fatto Emanuele, ma hai fatto a pugni?”. “No, Meli, io sono andato là, l’ho tenuto, questo si disarmava, gli ho tirato uno schiaffo, l’ho fermato”. Poi dice “talmente era ubriaco che gli ho dato una spinta per scansarlo da lei e questo è caduto. L’ho solo tenuto a terra e chiedevo a qualcuno di venire. Poi sono arrivati i suoi amici, io l’ho lasciato a loro e io me ne sono andato. Questo mi urlava ‘Se rivieni ad Alatri, sei morto, sei morto’”. Nei giorni successivi Emanuele mi diceva “lo sai che quello mi sta cercando? Lo sai che quello dice a tutti che mi vuole ammazzare? Lo sai che quello dice a tutti che mi vuole picchiare? Non ci posso andare più io sopra ad Alatri, mannaggia. Non ci posso andare più, mi piace tanto Alatri… perché questo mi va cercando”. Gli avevano riferito che aveva messo dei post su Facebook “Puzzi già di morto”. Non sto dicendo che quello sia l’assassino di mio fratello, ti racconto questo fatto. Sesto senso? Io imparo a usare Facebook e mi metto a cercare queste persone. Trovo milioni di foto di questo ragazzo…
Iena: Quello che gli aveva detto che l’avrebbe ammazzato?
Melissa: Sì, in compagnia di uno degli esecutori di venerdì notte.
Questa foto come me la spieghi? Questi due si conoscono eccome, e sono grandi amici. Ci sono Capodanni, cene con figli, parenti, amici…
Iena: Secondo voi è stata una vendetta?
Melissa: Io, Giulio, non credo che sia stato un caso. Troppe cose che non tornano, troppe. Emanuele ultimamente non ci voleva andare ad Alatri, è inutile che dicano “sì, ci andavamo sempre”, non è vero, i ragazzi ricordano cose strane.
Iena: Ma ora si è capito chi gli ha dato la sprangata?
Melissa: C’è chi dice Paolo, c’è chi dice Mario. Si mormora la sprangata, si mormora qualcos’altro. Che ci fosse una pistola, perché si sa che questo tizio gira con una pistola. Giulio, sai che c’è? Le mani degli assassini non sono solo quelle che l’hanno colpito materialmente. Non sono del parere che la violenza vada punita con la violenza, quindi non dico che tutta quella gente che era lì doveva andare lì a fare a pugni. Ma nessuno ha chiamato i Carabinieri. Qualcuno ha detto che questo ragazzo gridava “aiuto”, nessuno ha chiamato i Carabinieri. Uno dei reati più gravi commessi in quella piazza, quella sera, è l’omissione di soccorso, a cominciare da tutti. Compreso chi va in televisione a piangerlo. Se quando è iniziato il tutto qualcuno faceva qualcosa, non sarebbe successo. Nessuno ha fatto niente, nessuno che era lì con lui, nessuno. Lasciamo stare chi dei suoi amici ha cercato di… non dico chi ha cercato di difenderlo… o lo difendi o chiami… Io dico chi non poteva fisicamente fare niente, poteva fare altro, poteva gridare. Siamo nella piazza di Alatri, ci sono bar, persone… è venerdì sera, potevi chiamare qualcuno. Allora io voglio sapere: perché non dicono la verità? Perché dicono solo mezze verità? Perché non parlano? Di che cosa hanno paura? Me ne vengono milioni di cose in mente. Non avete fatto niente perché siete rimasti terrorizzati? Vi vergognate a dirlo? Avete fatto qualche marachella e avete paura che si scopra? Si è parlato di qualcos’altro?
Iena: Voi volete giustizia?
Melissa: Noi la pretendiamo, la esigiamo, la vogliamo, la cercheremo e, Giulio, la avremo. Fosse l’ultima cosa che faccio nella vita, io avrò giustizia. La sua vita non può essere stata calpestata invano. Io la mia vita la porterò avanti come si deve. Il buio c’è, ci sarà per sempre, come si cancella?
Infine, la Iena ha raggiunto Gianmarco, uno degli amici che era con Emanuele la sera del delitto. A seguire, alcuni passaggi dell’intervista.
Iena: Tu sapevi che lui non voleva più andare ad Alatri da un po’ di tempo?
Gianmarco: Ci andava molto meno.
Iena: Perché?
Gianmarco: Emanuele, tempo fa, aveva avuto una discussione sopra ad Alatri.
Iena: Un battibecco, una discussione con qualcuno di Alatri?
Gianmarco: Sì.
Iena: Che gli aveva promesso che gliel’avrebbe fatta pagare?
Gianmarco: Sì.
Iena: Ma è possibile che gli abbiano fatto un tranello?
Gianmarco: Può essere anche possibile.
Iena: Il tizio con cui Emanuele ha avuto la discussione, quattro o cinque mesi fa, non c’era lì?
Gianmarco: No.
Iena: Perché?
Gianmarco: Perché, mi sembra, fosse in carcere.