La conferenza stampa di presentazione è avvenuta a Milano alla presenza di molte scolaresche. Il lavoro, infatti, affronta un tasto molto dolente del nostro oggi: il bullismo. La macchina da presa pone l’obiettivo su una bambina che compirà dieci anni di lì a poco (di qui il titolo) e in soli quindici minuti riesce a toccare diversi punti cruciali, dalla madre disattenta alla situazione all’arrivo a scuola dove le compagne la deridono e gli altri non riescono o non vogliono intervenire. Catturando anche i silenzi della piccola si arriva al giorno del compleanno.
Sui titoli di coda scorrono statistiche sulla presenza del bullismo che verranno richiamate nel corso del confronto tra la regista, il vicequestore aggiunto della Polizia Postale di Milano Lisa Di Bernardino e la giornalista Elena Tebano. A moderare il dibattito Stefania Carini.
160.000 ragazzi saltano le lezioni per paura di soprusi. Il 10% si toglie la vita. “Letteratura e cinema hanno cercato di dare una soluzione positiva a questa forma di comportamento” – ricorda la Carini – “basti pensare a La storia infinita, ma anche a Harry Potter”. Iniziative come questo corto e la decisione di sottoporlo alle scuole possono essere un altro passo per tematizzare questa piaga usando un linguaggio a misura di bambino e adolescente con cui tutti entrano in empatia. “Molte volte tendiamo ad attribuire la colpa agli insegnanti, io credo che una possibile soluzione possa essere la creazione di una rete di complicità tra genitori e insegnanti e non conflitti”, ha dichiarato la Cucinotta.
Prende la parola la Di Bernardino che illustra le varie declinazioni del bullismo, da quello omofobo a quello razziale per arrivare “al femminile, il più cattivo, ma anche il più difficile da riconoscere”. Non è semplice far capire a certe età il concetto di responsabilità, compresa quella penale, ma il vicequestore rende fruibile il tutto. “Adesso ci sono delle responsabilità penali sia per i genitori, che firmano quando acquistano un cellulare ai figli sotto i sedici anni (riferendosi alla sim e a ciò che viene realizzato o anche solo condiviso col cellulare), sia per i minori. Non è più un gioco né uno scherzo, ma è un reato”. Poi sottolinea uno degli svantaggi della rete: “Internet non perdona, non si cancellano fino in fondo le tracce e soprattutto non si riesce a fermare. Non ci sono limiti spazio-temporali ed è questo il motivo per cui fa più male”. Fa eco la Cucinotta la quale, riportando una sua vicenda personale di stalker, vuole dare un monito sui “mostri reali” che si nascondono dietro lo schermo.
Il vicequestore, dal canto suo, rivolgendosi sempre più direttamente ai ragazzi e raccogliendo lo spunto dal corto aggiunge: “spesso chi ha assistito a fatti simili ha il timore di essere etichettato come spia. Voi potete fare tante cose che non si riconducono a questo concetto”. In una discussione del genere non poteva mancare la questione social network e quanto siano diventati anche un mezzo utilizzati dal bullo. Esplica la Tebano: “se voi vi rifiutate di guardare il video postato, il bullo perde tutto il suo potere”. A ciò va sommato il coraggio per denunciare certe situazioni confidandosi col genitore o con un adulto di cui ci si fida. Le voci degli intervenuti concordano sulla consapevolezza da acquisire – per quanto riguarda gli adulti spesso indifferenti – e da trasmettere verso i figli e i più piccoli. Oltre al bullizzato, anche il bullo, se agisce in quel modo, ha qualcosa dentro per cui va aiutato.
Il lavoro diretto dalla Cucinotta ha scelto di concentrarsi sulla forma di bullismo al femminile, che “non lascia lividi, ma è di una violenza incredibile” ha evidenziato Elena Tebano. L’artista ha raccontato di aver girato in uno dei quartieri più difficili di Bari, Enziteto (è coprodotto da Corrado Azzolini per Draka production), elogiando il lavoro della scuola capace di diventare un’isola felice in una zona in cui si esce di casa e si assiste a morti in diretta. Consapevole di quanto il cinema nello specifico e, nel suo complesso l’arte, possano educare e trasmettere certi valori, ha svelato come “nessuno dei bambini, all’inizio, voleva interpretare la protagonista, Alice, perché risultava di primo acchito la perdente. Lavorandoci sopra, le ragazze che dovevano dar corpo alle bulle si sono vergognate. Grazie a quest’esperienza un centinaio di bambini (in tanti hanno partecipato al casting) ha compreso chi fosse un bullo. Attraverso la recitazione si è creata empatia e in quest’ottica approvo la scelta di introdurre un’ora di teatro a scuola. Recitare è meraviglioso e rappresenta un percorso psicologico”.
Sul problema bullismo non si può tacere. Ed è interessante che sempre più emittenti scelgano di dar spazio a tematiche così importanti con finalità educative.